Resta fuori del Cpt, abortisce per lo stress

È accaduto a una ghanese ospite a Gradisca: porte chiuse perché rientrata in ritardo. Inutile il soccorso di alcuni addetti della struttura
GRADISCA Si sente male, non riesce a rientrare al centro per immigrati di via Udine entro l’orario previsto dal regolamento e lo stress le provoca un aborto. Protagonista della vicenda è una ghanese di vent’anni ospite del Cara (Centro d’accoglienza per richiedenti asilo) di Gradisca. La vicenda risale ad alcuni giorni fa e si svolge tra Gradisca e Gorizia.


I fatti: la donna viene trovata dopo le 20 in lacrime, in mezzo alla strada, da uno dei dipendenti del consorzio trapanese Connecting People, l’ente gestore del centro ricavato all’interno dell’ex caserma «Ugo Polonio».


Capita la gravità della situazione, l’uomo chiama il direttore della Caritas di Gorizia. Non potendola ospitare nella struttura di via Vittorio Veneto - non è prevista la presenza di donne nel centro goriziano -, don Paolo Zuttion le trova un ricovero all’albergo «Alla Transalpina» di Gorizia. Dopo un paio d’ore dal suo arrivo, a causa dei dolori lancinanti che non le danno pace, l’immigrata africana lascia la sua stanza per chiedere aiuto alla reception.


Vedendola arrivare piegata in due, avvolta nell’accappatoio e in un asciugamano insanguinato, i titolari dell’albergo chiamano immediatamente i soccorsi e la donna viene accompagnata all’ospedale civile di Gorizia dove però perde il bambino. Dopo due giorni di degenza, la cittadina ghanese fa infine ritorno al centro di via Udine. Da sola.


Da quanto è stato possibile ricostruire dalle testimonianze, parrebbe che l’aborto sia stato causato dallo stress e dallo choc subiti dalla donna. «Quanto accaduto è grave - ha riferito ieri don Paolo Zuttion -. Se non fossimo intervenuti e non l’avessimo presa in carico noi, sarebbe sicuramente morta in un campo a Gradisca. In ogni caso, va rilevato che la tragedia si è consumata lo stesso perché la giovane in seguito a questo episodio ha comunque perso il suo bambino». Non tutti i punti della vicenda sono ancora chiari. Primo tra tutti se la donna non sia riuscita a raggiungere fisicamente l’ingresso del centro per immigrati e per questo non è entrata o se, invece, arrivando in ritardo alla porta carraia, non sia stata fatta entrare dal corpo di guardia, inflessibile nell’applicazione del regolamento prefettizio sugli orari di entrata e di uscita.


In attesa di verifiche ufficiali, dal gabinetto della Questura si sono limitati a dire che spesso gli ospiti della struttura gradiscana approfittano delle situazioni contingenti e si comportano come se il centro fosse un albergo.


La situazione al Cpt di Gradisca ha cominciato ad aggravarsi un anno fa quando il centro ha cominciato a riempirsi con i clandestini provenienti dalla Sicilia. All’inizio di settembre di un anno fa la prima fuga di 24 extracomunitari di origine egiziana con i primi feriti tra i fuggitivi. Due di questi avevano riportato lesioni alle gambe. Uno, mentre in ambulanza stava rientrando al Cpt, pur con una gamba rotta, era riuscito ad aprire la portiere del mezzo e a fuggire. Quindici giorni più tardi altri 14 erano riusciti a fuggire superando le recinzione della struttura.


Un mese più tardi la rivolta era stata più ampia: una cinquantina di egiziani, in attesa di essere rimpatriati, aveva inscenato un’azione di protesta e tentato di fuggire dal centro. Il fatto di sangue più rilevante era accaduto il 29 giugno scorso quando un nigeriano era stato ferito, all’interno del Cie, da un marocchino al termine di un litigio. I due africani erano venuti alle mani, si erano picchiati e il marocchino aveva colpito il nigeriano con un oggetto tagliente che gli aveva procurato una vasta ferita al collo.

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