Reportage: il rigassificatore a Rovigo, pochi danni e poco lavoro

INVIATO A PORTO VIRO. Sotto il diluvio e la foschia non si percepisce nemmeno quella sorta di grande moscone che si vede sull’orizzonte quando la visibilità è buona. Ma laggiù quasi 17 km al largo della costa di Porto Levante, frazione di Porto Viro, provincia di Rovigo, nelle immediate vicinanze del delta del Po, c’è dal settembre 2008 la “Little thin city” di Adriatic Lng, una città tecnologica sul mare come la definisce il managing director Scott Miller, che è in realtà l’unico rigassificatore oggi funzionante in Italia se si eccettua quello storico di Panigaglia in provincia di La Spezia, attivo fin dagli anni Settanta. «Qui vengono rigassificati 7,5 miliardi di metricubi di gas all’anno, un decimo del fabbisogno di gas in Italia»: brillano gli occhi al comandante Adriano Gambetta, un passato di navigante oggi responsabile della base operativa di terra di Porto Viro, quando illustra i record dell’impianto, «l’unico al mondo che sorge in mezzo al mare appoggiato su una piattaforma di cemento armato.»
La prima nave, piena di gas liquido, è arrivata nell’agosto 2009, ad oggi le gasiere giunte sono state 244. Sono 6 o 7 al mese, un’ottantina all’anno. La permanenza all’ormeggio non può protarsi più di 24 ore, ma le operazioni di discarica si concludono in 12 o 13 ore. La piattaforma è lunga 375 metri e larga 115, i due serbatoi possono contenere 125mila metri cubi di gas. Tre turbine a gas sul terminal stesso forniscono l’energia. Vi sono gli ambienti per il personale completi di un pronto soccorso che è quasi un piccolo ospedale. «La gestazione di questo impianto è stato lunga - racconta Gambetta assieme a Lisa Roncon che cura le relazioni pubbliche - ma poi c’è stata una forte accelerazione. La piattaforma è stata allestita nel giro di un anno e mezzo ad Algeciras con componenti giunte da varie parti del mondo: i serbatoi dalla Corea, le sovrastrutture dalla Norvegia. Dalla Spagna a qui è stata trasportata con navi speciali olandesi in nove giorni, poi zavorrata con acqua di mare e con 300mila tonnellate di sabbia estratta da cinque cave del Veneto. Il metanodotto parte dal terminale e dopo 40 km, parzialmente in mare e parzialmente in terra, arriva a Cavarzere in provincia di Venezia dove viene ceduto alla rete nazionale e viene stoccato a Manerbio in provincia di Brescia».
Non è un rigassificatore all’interno di un porto, come sarebbe quello di Zaule, e soprattutto è off-shore, non invasivo o impattante, la sua presenza non è qualcosa di ossessivo. «Comprendo che nel vostro caso, la situazione sia più difficile - conviene Gambetta - importante per farsi accettare è però procedere sempre in modo trasparente e avere un colloquio costante con il territorio». Un comportamento che però non è stato esattamente quello di Gas Natural a Trieste. C’è poi il diverso effetto che può creare nelle rispettive situazioni il raffreddamento dell’acqua nell’area circostante. «Si tratta di un delta massimo di 4,8 gradi, ma di solito sono 2 e mezzo o 3, in un raggio di 400 metri dall’impianto - ammette il comandante - certo è diverso se questo si verifica sulla costa oppure al largo». «Oggi Adriatic Lng ha 125 dipendenti - raccontano Gambetta e Roncon - 79 sono qui a Porto Levante di cui 61 sulla piattaforma e 18 sulla base di terra, gli altri nella sede legale di Milano. Sul terminal c’è il personale operativo che trascorre alternativamente 2 settimane di fila a bordo e 3 a casa. C’è anche la presenza fissa di un medico. L’avvicendamento avviene con un’imbarcazione che fa la spola quotidiana per trasportare viveri e in caso di mare grosso con l’elicottero che abbiamo a disposizione all’aeroporto di Padova e che atterra facilmente sulla grande piazzola dell’impianto».
Tra i dipendenti molti sono stranieri e la lingua ufficiale è l’inglese, «ma la componente internazionale si va assottigliando - aggiunge il comandante - perché vogliamo dare un aiuto all’occupazione locale e assieme a Unindustria Rovigo abbiamo tracciato un percorso per la selezione di personale locale. Per Adriatic Lng operano 48 ditte esterne, si sono costituite apposite società di rimorchio e di ormeggio. Quando il metanodotto ha attraversato allevamenti di vongole, cozze, branzini e orate, abbiamo adottato un sistema di trivellazione orizzontale, oggi pesci e molluschi stanno meglio di prima e proprio il mese scorso abbiamo versato a titolo di risarcimento per il settore della pesca 2 milioni e 400mila euro. Il Patto territoriale ha previsto complessivamente 12 milioni e 400 mila euro di indennizzi e incentivi, ma Adriatic Lng sponsorizza manifestazioni culturali e società sportive e il ritorno economico a favore del territorio è stimabile in 66 milioni di euro all’anno.»
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