Renzi accelera sul Rosatellum triestino

ROMA. «Non è il Verdinellum, il Verdinellum era una cosa diversa, aveva un premio di maggioranza, e poi altro ancora...». Cortile di Montecitorio, ore 18 e 20. Ettore Rosato, in abito blu, consuma le scarpe con il cellulare incollato all’orecchio. Non è dato sapere con chi stia parlando di soglie e collegi, ma appena sente la parola “Verdinellum” non ci sta, scrolla le spalle e sogghigna così: «Ma quale Verdinellum, questo è il Rosatellum».
Per la prima volta nella storia del Parlamento italiano la legge elettorale è targata Trieste. Sono ore concitate per il Pd e il suo capogruppo triestino perché a sera i democrat depositeranno un testo sulla legge elettorale che prevede il 50% di collegi uninominali e l’altro 50% di tipo proporzionale. Un tentativo, quello renziano, di dissimulare chi accusa il Pd di accordo sotto traccia con Denis Verdini. Rosato lo avrebbe vergato in queste ore di suo pugno assieme a Emanuele Fiano, che ha sostituito Andrea Mazziotti come relatore in commissione, più una serie di esperti che seguono passo passo la road map del neo segretario. L’obiettivo di Rosato e di Renzi è di approvare la legge a Montecitorio nel più breve possibile per poi passare il testo al Senato, dove il risiko si prefigura di difficile soluzione. Rosato però non si scompone e rilancia: «Sono fiducioso che tutto possa volgere al meglio. Intanto il 29 maggio saremo in aula con questo testo. Desideriamo approvare la legge entro i primi di giugno a Montecitorio, poi si vedrà». A questo punto Rosato saluta e corre in aula.
Intanto le trattative continuano. Nel grande “suk” di Palazzo Madama tutto può succedere. Ad oggi il “Rosatellum” sarebbe sostenuto da 148 senatori, un numero non lontano della maggioranza assoluta di quota 161. Su Facebook il segretario Pd lancia un appello a tutte le forze politiche: «Diteci dei no o dei sì, fate emendamenti, avanzate controproposte. Ma non rinviate ancora la data del 29 maggio. Sono passati ormai quasi sei mesi dal referendum: per favore, non prendete in giro i cittadini. Il Pd offre serietà ma chiede rispetto per gli italiani». All’appello di Renzi strizzano l’occhio i leghisti. Giancarlo Giorgetti, capogruppo a Montecitorio del Carroccio, è soddisfatto e lo mette a verbale: «Ora occorre fare presto e bene - prosegue l’esponente del Carroccio - a noi il testo del Pd piace; si voti presto. Sono convinto che avrà la maggioranza sia alla Camera che al Senato».
Il fronte delle opposizioni è diviso. I sovranisti per una volta si separano. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, pone alcuni condizioni: «Se si fa una legge elettorale meglio, chiedo solo una cosa a nome di Fratelli d’Italia: no alle liste bloccate, previste curiosamente da tutte le proposte in discussione. Ciò porta all’impossibilità per i cittadini di scegliere il loro parlamentare. Cancellare le liste bloccate è l’unico modo per restituire autorevolezza alla politica e non mettere tutto nelle mani delle segreterie dei partiti. Per il resto sono disponibile a votare qualunque cosa».
Non tutti ci stanno a queste condizioni. I cinquestelle per bocca Luigi Di Maio escludono che si possa arrivare alla conclusione dell’iter parlamentare: «Credo che non riusciranno ad approvarla, perché nel Pd e nei partiti minori ognuo va per sé. Torneranno quindi da noi, con la coda fra le gambe, e noi saremo disponibili a fare una legge seria, che garantisca la governabilità». Mentre Sinistra Italia con Nicola Fratoianni definisce una «truffa» un sistema di voto di tipo maggioritario e fa il tifo per il ritorno a un impianto di tipo proporzionale: «È inaccettabile andare a votare con una legge diversa tra Camera e Senato, combatteremo perché si arrivi a un solido impianto proporzionale».
Al Senato. Durante la giornata, si rincorrono voci secondo cui si starebbe formando un nuovo gruppo parlamentare con senatori transfughi del centrodestra per aiutare il Pd a far approvare la sua proposta. Operazione nettamente smentita dal Pd: «È una bufala» taglia corto Rosato. In contemporanea alla battaglia parlamentare il capogruppo dem lancia invece l’idea di una coalizione da Ap ai bersaniani, che però viene subito bocciata dal portavoce di Campo Progressista, il movimento di Pisapia, che pone un veto su Alfano, e dal leader di Mdp Roberto Speranza, che lo pone su Renzi.
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