Relitto di Grado, ora è caccia al cannone

GORIZIA. Oltre duemila cartucce per armi calibro 8x50, 92 proiettili da 76,5 millimetri, e 84 proiettili da 104 millimetri. È questa è la corposa porzione del tanto prezioso, al tempo, quanto pericoloso, oggi, carico recuperata e già distrutta dagli uomini del Gruppo operativo subacquei della Marina militare durante le operazioni di bonifica degli ordigni ritrovati nel relitto austro-ungarico della Prima guerra mondiale che riposa nelle acque davanti a Grado. Il tutto nel corso di 28 immersioni per un totale di 54 ore di lavoro.
A fare il punto della situazione sulla prima fase dell’intervento, che dovrebbe concludersi nelle prossime settimane, è servita ieri mattina la conferenza stampa convocata a Gorizia dal Prefetto Massimo Marchesiello – che ha sottolineato il valore aggiunto dato dallo sforzo del nucleo speciale della Marina -, cui hanno preso parte tra gli altri il comandante del Comando operativo subacquei della Marina Militare, capitano Bruno Rocca, il comandante dell’Ufficio storico della Marina militare Leonardo Merlini, e la comandante della Capitaneria di Porto di Grado, tenente di vascello Elisabetta Bolognini. Il relitto, che si trova a circa 2,5 miglia nautiche dal porto di Grado, è stato scoperto nel dicembre 2017 durante un’immersione scientifica del sommozzatore professionale Nino Caressa, nell’ambito delle riprese per la realizzazione del documentario di produzione Rai Fvg “Trincee del mare”, di Pietro Spirito e Luigi Zannini, per la regia di quest’ultimo.

Alla scoperta è subito seguito l’intervento dei sommozzatori della Polizia di Stato, con la Prefettura che poi ha coinvolto il Comando subacquei e incursori (Comsubin) della Marina militare. Sono intervenuti dieci palombari da La Spezia e Ancona, operando alla profondità di 9 metri circa, dove si trova il relitto del trabaccolo lungo dieci metri e mezzo per cinque e mezzo di larghezza. La barca faceva parte di uno dei convogli chiamati, con l’Operazione Aquädukt, a rifornire via mare il fronte, dopo Caporetto e la ritirata delle truppe italiane sul Piave; e si ritiene possa essere affondata nel novembre del 1917 a causa di una burrasca.
Il lavoro di bonifica, in ogni caso, è solamente iniziato. Nonostante il gran numero di ordigni già recuperati e fatti brillare, molto resta da fare, come ha spiegato il capitano Bruno Rocca, e il Gruppo operativo subacquei stima ci vogliano un paio di settimane di lavoro. Già ieri dovevano riprendere le operazioni, ma le difficili condizioni meteo nelle quale i sommozzatori sono costretti a immergersi hanno suggerito un rinvio di qualche giorno. Non si può escludere che l’avanzamento della bonifica regali sorprese, in tal senso resta tutta da valutare ad esempio la reale posizione in cui si trova il relitto sul fondale: potrebbe infatti non essersi adagiato nel verso del galleggiamento ma piuttosto essersi rovesciato, con la chiglia rivolta verso la superficie. In questo caso la parte superiore del carico si troverebbe ancora sotto la sabbia, e tra centinaia di altri ordigni potrebbe esserci un grande cannone da 150 mm che, secondo le ricostruzioni, era proprio a bordo di uno dei trabaccoli che la Flottiglia lagunare austriaca perse in quell’autunno 1917. Cannone che rappresenterebbe ovviamente un prezioso reperto da recuperare e conservare a testimonianza della Grande guerra.
Sul ruolo, assolutamente strategico, della Regia Marina nella Prima guerra mondiale è intervenuto ieri il capo dell’Ufficio storico Leonardo Merlini, ricordando l’attività dei Mas, la difesa di Venezia, l’eroismo della Brigata Marina (poi San Marco) e più in generale le 86mila missioni portate a termine durante la Grande guerra dalle forze navali italiane.
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