Regione, prof e bidelli precari senza paga da 2 mesi

La denuncia della Cgil: «Almeno 500 persone attendono gli stipendi di settembre». Pressing sul prefetto di Trieste
Un’insegnante alla lavagna durante una lezione in classe
Un’insegnante alla lavagna durante una lezione in classe

TRIESTE. Non solo precari, ma pure senza stipendio. La Cigl scuola scrive al prefetto di Trieste e commissario di governo del Friuli Venezia Giulia Francesca Adelaide Garufi denunciando i mancati pagamenti di 500, forse 600 persone degli istituti scolastici della regione.

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«Nulla di nuovo, purtroppo, rispetto all’anno scorso - attacca il segretario regionale Flc Adriano Zonta -. Anzi, stavolta va pure peggio». Due mesi di lavoro da metà settembre, ma la paga ancora non si è vista. La colpa? «Della digitalizzazione che avrebbe dovuto cambiare il mondo - ironizza l’esponente sindacale -. Il ministero continua a cambiare sistema senza prima testarlo. Un modo di agire superficiale che penalizza il personale precario delle scuole pubbliche del Fvg, che attende ancora il compenso di settembre». Tutto scritto nella lettera al prefetto Garufi, di cui vengono informati anche la giunta e l’Ufficio scolastico regionale.

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«La confusione - insiste Zonta - è determinata proprio da un efficientismo che è solo scritto sulla carta. Un tempo era sufficiente un solo documento, ora se ne devono produrre tre o quattro, si passa per il Sidi, il sistema informatico del ministero, poi per il Mef, di nuovo per le scuole. Il tutto con una rete informatica sovraffollata, perché tutti stanno facendo la stessa cosa nello stesso momento, e che finisce per non dare alcuna risposta concreta all’utente. Un centralismo che, a giochi fatti, non fa arrivare gli stipendi alla periferia».

Si stava meglio quando si stava peggio, in sintesi: «Le scuole avevano i soldi per pagare e pagavano nel rispetto dei tempi. Oggi ci ritroviamo con lo scarico di responsabilità tra i ministeri coinvolti, Istruzione Tesoro, e il gestore del sistema a determinare un clamoroso stallo. Mentre nel frattempo il personale precario continua a prestare il proprio servizio affrontando pesanti difficoltà economiche: problemi nel far fronte ai consumi, alle scadenze come affitti, mutui o bollette, a pagarsi il costo dei trasporti, in particolare per i tanti che lavorano lontano da casa».

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Tra i 5-600 sfortunati protagonisti del caso ci sono insegnanti e personale Ata, «lavoratori che subiscono l’aumento dei carichi di lavoro, in particolare nelle segreterie, dove sono stati operati i tagli più pesanti, e sono aumentati i tempi di svolgimento delle pratiche, perché gli strumenti di cui le scuole sono dotate, in molti casi, risultano obsoleti e la rete informatica spesso inadeguata. Tutto ciò ricade soprattutto sugli “ultimi”, cioè sul personale precario, precario nel lavoro e purtroppo anche nello stipendio».

Da qui l’appello al prefetto «affinché venga risolta questa grave situazione e sia riconosciuto il giusto salario a chi opera nella scuola, per la dignità dei lavoratori e dell’istruzione pubblica, oltre che per eliminare, all’origine, il rischio che si aggravi un disagio sociale già pesante».

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