Regione, le spese pazze dei consiglieri “ingolfano” il Tribunale
TRIESTE. Sei ore e passa, da metà mattina alle cinque della sera, intervallate da qualche pausa per tirare il fiato, letteralmente, col caldo che faceva pure dentro. Una maratona d’aula insomma, anche se non quella del Consiglio regionale, il luogo del “delitto”, bensì l’aula delle udienze preliminari a porte chiuse al secondo piano del Tribunale, dove di quel “delitto” - le presunte spese pazze per 22 tra consiglieri passati e presenti più alcuni esterni - s’è discusso davanti al giudice Giorgio Nicoli. Ieri era il grande giorno o, meglio, il primo dei due grandi giorni (il secondo sarà il 15 settembre) dedicati alle difese di indagati e imputati nel maxi-procedimento per concorso in peculato promosso dal pm Federico Frezza.
È stata dunque la prima delle due “sfilate” di big, tra avvocati di grido e politici di lungo (o per lo meno medio) corso, previste tra la requisitoria dello scorso mese del pm Frezza (che patteggiamenti esclusi ha chiesto condanne variabili tra l’anno ed otto mesi con la condizionale e i due anni e tre mesi senza la condizionale, applicabile solo dietro risarcimento) e il giorno del giudizio, calendarizzato il 10 novembre. In quella data, in effetti, il gup Nicoli dovrebbe sia pronunciare le sentenze che riguardano quelli che hanno optato per il rito abbreviato, sia decidere se rinviare a giudizio chi invece ha scelto per un eventuale dibattimento ordinario, o archiviarne le posizioni per non luogo a procedere.
Ieri toccava a nove, tecnicamente divisi tra imputati a processo col rito abbreviato (sei) e indagati in attesa di rinvio a giudizio o proscioglimento (tre), per i quali tutti i difensori hanno chiesto rispettivamente l’assoluzione, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, o il non luogo a procedere. Motivi: il profilo giuridico di un consigliere regionale, anzitutto, come si è sostenuto esserci in una recente sentenza della Corte Costituzionale, non coincide con quello di agente contabile, di pubblico ufficiale, ovvero di soggetto imputabile per peculato.
Eppoi il denaro pubblico speso dai consiglieri semplici, è stato ancora sostenuto dalle difese, passava prima per il vaglio degli uffici tecnici su delega del capogruppo, cui spetta la vigilanza secondo una normativa regionale che non disciplinerebbe peraltro a sufficienza i limiti delle spese di rappresentanza, benché nella rete del pm, un’unica rete sostanzialmente indifferenziata, siano comunque stati pescati pranzi, viaggi, soggiorni, regali e quant’altro.
E pure, hanno insistito gli avvocati, mancherebbe il “requisito” dell’accordo, della complicità con gli stessi controllori, necessario per il reato di concorso. In aula, plotone di legali a parte, di politici si son fatti vedere in tre: gli ex berluscones di piazza Oberdan Piero Camber e Antonio Pedicini e la consigliera in carica ex leghista Mara Piccin. Camber e Pedicini - assistiti dagli avvocati Giovanni Borgna e Paolo Pacileo il primo e Stefano Blasone il secondo - ieri erano alla sbarra per l’abbreviato con il Pd Alessandro Tesini, difeso dall’avvocato Carlotta Campeis, e con i colleghi di partito Maurizio Bucci, Gaetano Valenti, entrambi tutelati dall’avvocato Borgna, ed Everest Bertoli, unico esterno di giornata, rappresentato dall’avvocato Riccardo Seibold.
Oltre a Piccin, difesa a sua volta da Borgna e dall’avvocato Ornella Stradaioli, gli indagati di giornata che invece hanno deciso di puntare all’eventuale dibattimento ordinario erano quindi gli ex padani di Palazzo Ugo De Mattia ed Enore Picco, assistiti dagli avvocati Alberto Tofful e Andrea Gaiardo.
Ma ieri in aula si sono visti anche altri legali, di alcuni di quelli cui sarà dedicata la “puntata” del 15 settembre. Tra loro gli avvocati Andrea e Alberto Polacco, che con l’avvocato Claudio Giacomelli difendono l’ex An Piero Tononi, i legali dello studio dell’avvocato Luca Ponti che difende gran parte dei politici in causa a settembre, nonché l’avvocato Caterina Belletti, che assiste Federico Razzini, appena assolto dal gup Guido Patriarchi dall’accusa di peculato per i beni strumentali comprati con i fondi del gruppo e non restituiti nel filone-bis delle spese pazze.
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