Regione Fvg, la maggioranza si spacca in aula: Zanin presidente al secondo giro
TRIESTE Il Consiglio regionale ha il suo nuovo presidente, ma la designazione del forzista Piero Mauro Zanin manda in frantumi la maggioranza. Nella prima votazione il centrodestra fa mancare infatti ben 9 voti su 29 al prescelto, ricompattandosi solo alla seconda chiama, quando Zanin fa il pieno dei suffragi. Nel mezzo, la reprimenda di un infuriato Massimiliano Fedriga, costretto a riunire tutti i 29 consiglieri dell’alleanza e a minacciare le dimissioni (e il conseguente tutti a casa) per ottenere il rispetto dell’accordo post elettorale che assegnava la poltrona più alta dell’aula a Forza Italia. L’opposizione sale intanto sull’Aventino, rifiutandosi di partecipare al voto, denunciando la spaccatura sanata solo in extremis all’interno della maggioranza e stigmatizzando l’elezione di una figura non ritenuta di garanzia.
La sessione del Consiglio va insomma in modo decisamente diverso dalla giornata che aveva visto la nomina di Ettore Romoli, eletto alla prima chiama con i 29 voti della maggioranza e altri tre deposti dal Pd, in segno di apertura nei confronti di una scelta considerata di mediazione verso l’opposizione. Stavolta saltano invece tutti gli schemi e le ambizioni deluse dei singoli si trasformano nelle salve dei franchi tiratori, con voti mancanti tanto da parte della Lega quanto di Progetto Fvg e probabilmente della stessa Forza Italia, dove il gruppo consiliare decide alla fine per scegliere il nome di Zanin, anche contro una garbata pressione arrivata dallo stesso Silvio Berlusconi, che avrebbe preferito Franco Mattiussi.
Lo psicodramma comincia la mattina, quando azzurri e leghisti organizzano riunioni parallele per discutere la questione. Nella sala che ospita i forzisti, ci sono i cinque membri del gruppo consiliare, il vicepresidente Riccardo Riccardi, l’assessore Tiziana Gibelli e la coordinatrice regionale Sandra Savino. Chi esce dal mini conclave ha il sorriso tirato, ma alla fine la scelta dei berlusconiani è unanime e risponde al nome di Zanin, che lascerà il ruolo di capogruppo al goriziano Giuseppe Nicoli. Mattiussi opta insomma per il passo indietro e anche la Lega è pronta a farsi da parte, dopo aver capito che Fedriga non ha intenzione di rimangiarsi gli equilibri stabiliti al momento dell’indicazione di Romoli.
Zanin è intanto avvistato in un ristorante di piazza Oberdan a pagare il pranzo per l’intero gruppo di Forza Italia. L’elezione sembra in tasca, ma deve fare ancora i conti con il disappunto di Progetto Fvg, che spinge per un rinvio della votazione. Ai civici, infatti, non piace il dover rinunciare alla carica, cui aspira il capogruppo Mauro Di Bert (unico della maggioranza ad avere l’appoggio del centrosinistra), e dover ricevere l’indicazione di voto solo due ore prima dell’ingresso in aula. I lavori del Consiglio cominciano così con mezz’ora di ritardo, nel tentativo di smussare gli spigoli, che emergono però puntualmente nel segreto dell’urna.
Dopo lo spoglio, Zanin si ferma a 20 voti e Di Bert ne riceve 4, anche se i membri di Progetto Fvg giurano di aver fatto scheda bianca, con un’indicazione in ogni caso difforme rispetto agli ordini di scuderia. Le schede bianche sono in totale 23 e le nulle 2. A Zanin servivano però almeno 25 voti e la maggioranza va dunque in pezzi, senza che la successiva caccia ai disobbedienti faccia emergere i responsabili della spaccatura interna. Dopo l’immediata sospensione dei lavori, cominciano le riunioni dei singoli gruppi e poi dell’intera coalizione, quando Fedriga sbatte i pugni sul tavolo e rimette in riga il centrodestra, che alla fine rientra in aula ricompattato.
La maggioranza è decisa ad andare avanti, nonostante le opposizioni chiedano una nuova sospensione dei lavori e una riunione dei capigruppo per arrivare a un nome condiviso. «Serve un presidente di garanzia – dice il dem Sergio Bolzonello – ma prendiamo atto con rammarico del rifiuto del centrodestra». E la delusione si trasforma nella non partecipazione al voto da parte di Pd, Cittadini, Open-Sinistra Fvg, M5s e Patto per l’autonomia. Ogni consigliere di minoranza, al momento della chiamata, prende la parola per evidenziare la frattura del centrodestra e la mancanza di qualsivoglia confronto preliminare con le opposizioni sul nome di Zanin. Il secondo giro non riserva però sorprese e l’azzurro viene eletto con 29 voti su 29. La proclamazione è una liberazione per il centrodestra, ma la frattura fra maggioranza e opposizione richiederà tempo per rimarginarsi. —
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