Regione Fvg, Fedriga “congela” la riforma sanitaria del Pd

Inviata ai vertici delle Aziende territoriali una lettera che mette in guardia dall’adottare atti e procedure in linea con la legge 17. «Non reggerà a lungo»

TRIESTE. La linea politica è cambiata. Massimiliano Fedriga non perde tempo a farlo sapere, in primis ai responsabili degli enti sanitari. Informandoli dell’opportunità di congelare atti e attività marcati da una riforma che il centrodestra ritoccherà. Non si parla di fermare le attività delle emergenze, i Pronto soccorso, il lavoro in corsia, ma dalla presidenza della Regione arriva un’indicazione molto chiara: le priorità operative stanno per essere sostituite dal nuovo corso. Di fatto è il primo passo verso la correzione della legge 17 del 2014.



Tutto ampiamente previsto, non un fulmine a ciel sereno, rimarca lo staff di Fedriga. A incaricarsi di informare le aziende che si volta pagina, e non in tempi lunghi, è Paolo Pischiutti, direttore centrale sostituto. Dopo che Adriano Marcolongo ha lasciato la direzione centrale per assumere l’incarico di direttore generale dell’AsuiTs, il responsabile dell’Area Promozione salute e prevenzione è stato indicato ad interim nel ruolo apicale nell’attesa che la prossima giunta provveda all’eventuale riassetto dei piani alti della dirigenza di Palazzo.

Pischiutti lo scorso 8 maggio ha così scritto ai direttori generali del Servizio sanitario regionale una lettera dall’oggetto “nuova legislatura”. Ricordato in premessa che con il voto del 29 aprile, e con la proclamazione del 3 maggio, Fedriga è il nuovo presidente della Regione, Pischiutti informa che entro pochi giorni ci sarà la presentazione della giunta al Consiglio regionale, con nomine e attribuzione di deleghe. Come noto, prosegue il testo, «presidente e giunta, quali organi di governo della Regione, determinano l’indirizzo politico-amministrativo definendo obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa, compresa l’individuazione di risorse da destinare alle diverse finalità». Quindi, precisando che l’input arriva direttamente dalla presidenza e che non c’è alcuna intenzione di «interdire ogni attività di gestione degli enti del Ssr», ecco l’invito a «valutare la possibilità o meno di adottare atti e di proseguire in attività che potrebbero, nell’arco di un brevissimo lasso di tempo, essere oggetto di ulteriori specificazioni o di nuove e differenti priorità operative da parte del livello politico-amministrativo regionale».

Prima seduta del Consiglio regionale Fvg convocata il 22


Da parte del neo presidente non arrivano dichiarazioni. Si fa solo sapere che l’indicazione, pur non comprendendo la limitazione di attività di urgenza, intende porsi quale primo passo verso la revisione della 17, ampiamente promessa in campagna elettorale. E dunque, nell’attesa di definire il nuovo assetto della sanità regionale, potrebbe essere sin d’ora produttivo non proseguire in iniziative conseguenti alla precedente impostazione politica. Anche Pischiutti rassicura del fatto che si tratta di «attendere le future nomine di assessore e direttore centrale per poi progettare il futuro. Certamente la “macchina” sanitaria non si ferma ma, su alcuni passaggi, la linea politica diversa può consigliare una pausa in vista di direttive che cambieranno rispetto a oggi».

Nel programma della coalizione la sanità del Fvg, «un tempo un’eccellenza nazionale», viene considerata «in oggettive difficoltà che, se non opportunamente riconsiderate, avranno riflessi molto negativi per la salute dei cittadini». Entrando poi nel merito delle criticità, si parla di assetti istituzionali, soprattutto per Gorizia e Udine, «che non fanno riferimento ai bacini di utenza della popolazione», di una «mancata formazione degli operatori rispetto agli impatti della riforma», di una «complicata gestione degli hub e del collegamento agli ospedali di rete», degli «scarsi risultati nell’attivazione dei centri per le cure primarie, più contenitori che portatori di contenuti migliorativi dell’intervento sanitario», dell’«assenza di indicatori che evidenzino in maniera oggettiva un miglioramento dell’efficacia delle cure e dell’efficienza dell’impianto organizzativo».

La proposta? Ripristinare l’area vasta quale «integratore naturale delle strutture secondo i consolidati bacini d’utenza», separare la gestione sanitaria delle grandi realtà ospedaliere da quella del territorio, rivedere il protocollo d’intesa Regione-Università, applicare «seriamente» il modello hub and spoke, riqualificare gli ospedali «messi in difficoltà dalla riforma», riorganizzare l’emergenza sanitaria, «superare la logica dei Cap verso una gestione per processi e non per competenze».

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