Regione Fvg, bufera sul no ai farmaci blocca pubertà

Approvata in aula una mozione contro la somministrazione di triptorelina agli adolescenti. Insorgono le associazioni Lgbti+
L’aula del Consiglio regionale durante una tradizionale seduta di lavori in una foto d'archivio
L’aula del Consiglio regionale durante una tradizionale seduta di lavori in una foto d'archivio

TRIESTE Solo una mozione approvata in Consiglio regionale, al momento, ma tanto basta per la protesta dei movimenti Lgbti+. Nel mirino di Arcigay Arcobaleno Trieste e Gorizia, Arcigay Friuli, associazione universitaria Iris, Lune Lesbiche del Nord Est e Agedo Udine il divieto «senza basi scientifiche ma solo ideologiche» alla somministrazione della triptorelina, molecola utilizzata nel trattamento di alcuni tumori, ma anche per sospendere la fase della pubertà. Nei casi di varianza di genere, spiegano le associazioni, «per dare più tempo a ragazzi e ragazze di indagare e comprendere la propria identità».

Premesso che a fine febbraio l’Aifa ha inserito la Trp fra i medicinali erogabili a carico del Servizio sanitario, su iniziativa della Lega l’aula di piazza Oberdan ha impegnato la giunta ad «attivarsi presso il governo affinché ne venga interdetta la somministrazione ad adolescenti, con l’obiettivo di impedirne lo sviluppo puberale». Una proposta di «buon senso, nell’interesse della salute anche dei bambini e delle bambine del Fvg», l’ha definita il capogruppo salviniano Mauro Bordin sostenendo l’assenza di «sufficienti studi clinici, soprattutto in merito ai possibili effetti negativi a lunga scadenza. Bloccare la pubertà farmacologicamente potrebbe provocare un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore, compromettendone la definizione morfologica e funzionale di quelle parti del cervello che contribuiscono alla strutturazione dell’identità sessuale insieme con i fattori ambientali ed educativi».

Linea duramente respinta dalle associazioni Lgbti+, unite nel condannare la mozione e nel denunciare il rischio di un «ulteriore vuoto legislativo a danno delle persone trans». Quello che serve al contrario, si legge in una nota, è una «maggiore formazione delle strutture sanitarie regionali sulle tematiche legate alla variabilità di genere per i minori, inclusa la possibilità di somministrare i bloccanti ipofisari, in modo da poter supportare le famiglie con risposte pronte e professionali».

Il nodo è quello delle argomentazioni scientifiche. Insufficienti secondo la Lega, più che adeguate secondo i movimenti, ma anche per Simona Liguori, consigliera dei Cittadini che con il gruppo ha sostenuto il suo «no» rimandando la materia «a chi di competenza, ossia alla comunità scientifica. Medici, psicologi e operatori sanitari: sono loro ad avere la competenza professionale per affrontare temi tanto delicati». C

osì è stato, insistono le associazioni citando il parere positivo del Comitato nazionale di bioetica («dove esiste una nutrita componente cattolica»), che parla di «eticità dell’uso del farmaco triptorelina» quando «il trattamento sia limitato a casi ove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici siano risultati inefficaci». Esattamente «quanto richiesto» dai presidenti della Società di Endocrinologia Paolo Vitti, della Società di Andrologia e Medicina della sessualità Alberto Ferlin, della Società di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica Stefano Cianfarani e dell’Osservatorio nazionale sull’identità di genere Paolo Valerio, firmatari della richiesta ad Aifa. Secondo l’endocrinologa e androloga Alessandra Fisher, «numerose evidenze scientifiche mostrano come la sospensione della pubertà indotta dalla triptorelina in casi selezionati e attentamente seguiti di adolescenti con disforia di genere sia in grado di ridurre in modo significativo i problemi comportamentali ed emotivi e il rischio suicidario». —




 

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