Regionali, Fontanini: "Rimpasto e chiarimento con l'Udc"
Al Nord il Carroccio raggiunge il partito del premier, aiutando il centrodestra a conquistare Veneto, Lombardia e Piemonte. Il segretario leghista Fontanini annuncia: "Ora vedremo cosa fare con la presenza dell’Udc in giunta regionale"
Pietro Fontanini
TRIESTE
Non aspetta nemmeno che i numeri siano consolidati. Gli basta il trend travolgente pro Lega. Pietro Fontanini sposta immediatamente il trionfo padano alle questioni locali. E chiede quello che aveva già anticipato un paio di settimane fa: la verifica e, in primis, il chiarimento con l'Udc.
La risposta di Angelo Compagnon è già l'anticamera di una fase di tensione: «Quella di Fontanini è una forzatura. E le parole contro Roberto Molinaro sono fondate su fatti non veri». C'è sempre Molinaro nel mirino di Fontanini: «Quando un segretario di un partito della coalizione fa delle richieste, l'assessore alla Cultura non può far finta di non sentire». La Lega trionfa in Veneto, Lombardia e pure in Piemonte. Tanto basta al segretario regionale del Carroccio per chiamare Luca Zaia alla guida di un'Euroregione «che dovrà comprendere anche Veneto e Baviera in un quadro Alpe Adria» e Renzo Tondo «a fare chiarezza con l'Udc e a procedere a una verifica sul programma».
Quell'Udc che, secondo Fontanini, «ha visto fallire la sua linea. I centristi hanno fatto fiasco in Veneto e anche in Lombardia e in Piemonte. Non può continuare così. Vorrei che l'Udc ritornasse a essere un partito moderato che dialoga con noi e con il Pdl». Tondo, per ora, se ne tiene fuori. Commenta l'astensionismo, «frutto di una campagna elettorale priva di contenuti, ma piena zeppa di insulti». Auspica un conseguente abbassamento dei toni. Dice che la vittoria del centrodestra è «limpida e netta». Aggiunge che, se la coalizione vincesse in Lazio, sarebbe «un trionfo».
Anticipa il ribaltone nella Conferenza delle Regioni: «Attendiamo i risultati definitivi, ma l'attuale 7-13 potrebbe mutare a favore del centrodestra». Chi risponde a Fontanini è invece Compagnon. «Siamo alla solita litania - afferma il segretario regionale dell'Udc -. L'Udc risulta però determinante ovunque e la verità più rilevante di questo voto è la necessità del superamento di un bipolarismo che si preoccupa degli slogan e non dei problemi della gente».
Verifica, rimpasto? «Non sono per nulla preoccupato delle forzature della Lega e rimango disponibile al confronto. Ma un confronto che va cercato non attraverso i giornali ma sui tavoli che ci hanno consentito di costruire un programma convincente e che ci ha fatto vincere. Un confronto, inoltre, che non ponga come punto di partenza un rimpasto che avrebbe senso non perché uno ha presto, fuori dalla nostra regione, un voto in più o in meno, ma solo per migliorare l'azione politica della giunta».
Quanto a Molinaro, precisa Compagnon, «ha sempre dato risposte e, se non è riuscito a darle, lo si deve al taglio dei fondi subito dal suo assessorato». Che succederà? Secondo Isidoro Gottardo il consolidamento al Nord del centrodestra «è un monito ad andare avanti con le riforme annunciate», ma «non cambia gli equilibri all'interno della maggioranza in regione».
In Friuli Venezia Giulia, spiega il coordinatore regionale del Pdl, «affronteremo ora il secondo periodo di legislatura mettendo a punto, come previsto dagli accordi già intercorsi nella coalizione e per espressa volontà del presidente Tondo, programmi e strumenti, consapevoli che il mandato ricevuto nel 2008 non solo non si è attenuato ma si è consolidato».
E se la Lega chiederà il rimpasto? «La Lega legittimamente esulta, ma in regione non si è votato. Il Pdl rimane qui una forza che ha peso doppio. Quanto alle deleghe, il presidente farà le sue valutazioni nell'ottica di ottimizzare il lavoro della giunta. Formazione e lavoro, per esempio, non è opportuno rimangano disgiunti». A tarda ora interviene anche Daniele Galasso, il capogruppo del Pdl: «Paghiamo il sacrificio in Veneto, ma restiamo il partito di riferimento nazionale».
E il Pd? Debora Serracchiani, di fronte all'astensionismo e all'ennesimo risultato deludente del partito al Nord, sostiene l'urgenza di affrontare «senza esitazioni e pregiudizi», la questione settentrionale. Anche Gianfranco Moretton si preoccupa della scarsa affluenza, «un dato che deve indurre a una profonda riflessione sulla funzione dei partiti per una politica più a servizio del cittadino».
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