Regeni, sei mesi dopo la verità è ancora lontana

«Giudici internazionali per l’omicidio di Giulio». Il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi: avanti fino alla Corte di giustizia Stasera a Roma una fiaccolata per ribadire la necessità di fare luce
Il ritratto di Giulio Regeni
Il ritratto di Giulio Regeni

TRIESTE. Oggi, 25 luglio sono trascorsi sei mesi dalla scomparsa al Cairo di Giulio Regeni, ricercatore di Fiumicello. Nonostante siano passati 180 giorni, la verità su quanto accaduto al giovane italiano è ancora lontana. E per continuare a chiedere «Verità per Giulio Regeni», Amnesty International Italia, Antigone e la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili hanno organizzato una mobilitazione in piazza della Rotonda, di fronte al Pantheon, a Roma. La manifestazione è fissata per le 19.41, l’ora cioè in cui scomparve Regeni. Alla mobilitazione hanno sinora aderito A Buon Diritto, Articolo 21, Cittadinanzattiva, Fnsi, Iran Human Rights Italia, Italians for Darfur, LasciateCIEntrare, Premio Roberto Morrione, Un Ponte per, Usigrai. «Fiaccole saranno accese per ribadire la necessità di fare luce sulla sua terribile morte», hanno dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e Cild, e Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

 

Regeni, l'Egitto conferma il no alle richieste degli inquirenti italiani
Una manifestazione per chiedere verità per Giulio Regeni

 

Presidente Marchesi, l’Italia ha fatto errori nella “gestione” del caso Regeni?

Credo che al momento non stia facendo abbastanza, questo perché il governo italiano ha sempre parlato di “risposte proporzionate” come affermato dal ministro degli Esteri Gentiloni. Ma col passare del tempo questa proporzione sta venendo meno, perché l’Egitto non sta collaborando: anzi, recentemente abbiamo avuto ulteriori conferme del fatto che non forniranno neppure i tabulati telefonici o le immagini delle telecamere, quindi la disponibilità a collaborare è scarsissima.

Serve un’ulteriore azione di pressione allora?

Fermarsi alle misure adottate ormai mesi fa con il richiamo dell’ambasciatore mi sembra un po’ pochino.

Inutile anche lo stop delle forniture per gli F-16 egiziani?

È una decisione importante ma simbolica rispetto alla reale entità di forniture, sia di armi vere e proprie, sia di tecnologia usata anche per la sorveglianza del petrolio. Noi chiediamo però non solo all’Italia ma anche all’Europa di prendere una posizione e farla seguire da atti concreti.

Paesi dell’Unione europea e Unione europea in prima persona si sono però dimostrati sordi...

Sì, ognuno ha perseguito i propri obiettivi, non c’è un’agenda comune e il governo italiano si è preoccupato di non lasciare aperti degli spazi che invece gli altri Paesi tendono a riempire in tutta fretta. La risposta europea sarebbe la chiave di tutto. Del resto il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione durissima, già alcuni mesi fa, chiedendo proprio questo, ma da parte dei governo non c’è stato alcun seguito.

 

La madre di Regeni invitata in Egitto dal Parlamento
Paola Regeni

 

Se i documenti richiesti dai magistrati di Roma non arriveranno c’è il rischio che l’inchiesta venga archiviata?

Questo non glielo so dire, certo sarebbe uno scacco. D’altra parte la procura se non ha elementi su cui costruire un’indagine potrebbe anche archiviare il tutto.

Ma voi vi opponete a questa evenienza...

Noi chiediamo che si vada avanti il più possibile, tutto però dipende dalla possibilità di ottenere la collaborazione egiziana e questo dipende più dal governo che dalla procura. Noi crediamo che ci sia una serie di altri passi che si possono fare.

Quali sono?

Oltre al discorso delle forniture di armi che dovrebbero essere interrotte, riteniamo anche che ci sia la possibilità di usare la clausola arbitrale prevista dalla convenzione contro la tortura che prevede la possibilità che in caso di fallimento del negoziato tra due Stati parti su una controverisia in materia di tortura venga istituito un tribunale arbitrale internazionale e addirittura, come ultima possibilità c’è il ricorso unilaterale alla Corte internazionale di giustizia. Noi riteniamo che ci sia una controversia tra Italia ed Egitto su questo caso e quindi si debbano utilizzare tutte le vie giuridiche che il diritto internazionale mette a disposizione.

Come valuta l’invito giunto alla madre di Giulio dal Parlamento del Cairo di recarsi in Egitto?

Non lo so, non vorrei interferire nelle valutazioni della famiglia. Non vedo bene che cosa ne possa venire, francamente, però ripeto: non è un invito rivolto a noi ma è rivolto ad altri e voglio anche lasciarli liberi di fare le loro valutazioni.

Lei si è fatta un’idea di che cosa possa essere successo a Giulio?

Le notizie che si hanno raccontano una storia che è molto simile a quelle relative a un gran numero di altre vittime egiziane, vittime dello stesso sistema repressivo che prevede l’arresto arbitrario, la sparizione, perché fin quando le autorità non danno conto che qualcuno è nelle loro mani si tratta di un avera e propria sparizione, e poi di uccisione.

Amnesty, a tale riguardo, ha recentemente pubblicato un vero e proprio rapporto...

Sì, un rapporto sull’Egitto che documenta alcune decine di casi che sono molto, molto simili a quello di Giulio. Poi tutta un’altra serie di elementi fanno ritenere pressoché certo il coinvolgimento dell’apparato di sicurezza egiziano. Non abbiamo le prove da portare in giudizio, però sappiamo: nel senso che la vicenda Regeni è leggibile senza particolari difficoltà.

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