Regeni, la verità è lontana. Procura: situazione di stallo

TRIESTE Nel giorno in cui Giulio Regeni avrebbe festeggiato il compleanno - «Ti hanno rubato la vita, sarebbero 31!», ha twittato la madre Paola Deffendi - è il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone a far riaffiorare vivido lo spettro, da sempre presente, di una verità che malgrado 36 mesi di impegno degli inquirenti e malgrado una cornice ormai delineata di responsabilità non si riesce a mettere a punto.
#veritapergiulioregeni Caro Giulio, ti hanno rubato la vita, sarebbero 31!
— Paola Deffendi (@PaolaDeffendi) 15 gennaio 2019
In audizione davanti al Copasir, assieme al sostituto Sergio Colaiocco, Pignatone non nega - come riporta l’agenzia Ansa - che la situazione in merito all’inchiesta della Procura della capitale sull’uccisione di Regeni sia sostanzialmente in stallo.
Sono trascorsi quasi tre anni da quando il ricercatore di Fiumicello, quel 25 gennaio del 2016, scomparve nel nulla al Cairo per essere ritrovato, il 3 febbraio successivo, cadavere. Il corpo martoriato dalle torture. Nell’arco di tutto questo tempo ci sono stati svariati incontri fra inquirenti italiani ed egiziani, ripetute richieste da parte dei nostri investigatori di accedere ad atti e verbali, accurate analisi del materiale che si è riusciti a reperire.
Il tutto mentre l’Egitto, inizialmente trincerato dietro depistaggi e fantasiose ricostruzioni dell’accaduto, è andato ribadendo più e più volte la volontà di una collaborazione piena che nei fatti non è mai arrivata. Pignatone ha riferito ieri sui vari passaggi, compresa la non semplice collaborazione fra magistrati nell’ambito anche di un differente sistema giudiziario.
La Procura a inizio dicembre comunque è arrivata a iscrivere nel registro degli indagati cinque esponenti di servizi segreti e polizia investigativa del Cairo: sono quelli - dopo 33 mesi dall’apertura del fascicolo - sui quali c’erano gli elementi più solidi in ordine alle responsabilità per il sequestro di Giulio. Ufficiali della National Security e dell’Ufficio di investigazione giudiziaria del Cauro.
Ma ora servirebbe un livello di cooperazione sin qui non raggiunto. Roma - così Pignatone - ha fatto tutto il possibile: fare di più nella ricerca delle responsabilità, addentrandosi nel dedalo delle agenzie di sicurezza egiziane, in queste condizioni appare illusorio malgrado l’impegno dei magistrati. Perché alla notizia degli indagati dal Cairo non è giunta reazione.
Anzi, appena pochi giorni fa il legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha presentato a Genova un esposto - che in queste ore dovrebbe essere arrivato nelle mani dei magistrati romani - per denunciare le pressioni che il consulente egiziano dei Regeni, Mohamed Lofty (la cui moglie è stata detenuta per mesi) avrebbe subìto da parte di personale del Dipartimento di sicurezza nazionale. In sostanza, Lofty sarebbe stato richiesto di recarsi negli uffici della National Security per riferire sulle indagini che egli stesso sta seguendo.
Sin qui, dunque, la situazione sul fronte investigativo. Un fronte che si affianca a quello politico, che ha visto ormai tre governi alle prese con richiami e reinvii di ambasciatori, missioni ufficiali, minacce e strette di mano, annunci - talvolta - di svolte vicine e sottolineature ripetute di quanto l’Egitto sia partner importante su più versanti, dall’economia alla questione migranti.
Intanto, all’avvicinarsi del terzo anniversario della scomparsa del ricercatore, Amnesty Italia sta preparando iniziative in tutto il Paese, con le luci “giallo Giulio” - come lo ha definite la mamma Paola - pronte ad accendersi alle 19.41, ora in cui Giulio sparì, in cento piazze italiane.
Ieri a ricordare quello che sarebbe stato il compleanno di Regeni sono stati in tanti, sui social e anche in tv. A partire naturalmente dalla mamma Paola, come detto, con il tweet preceduto dall’hashtag #veritapergiulio; e dalla sorella Irene, con il suo «Happy birthday Bro». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo