Referendum, in Bisiacaria esulta solo Vecchiet a Ronchi: «Segnale di responsabilità»
MONFALCONE Se ci fosse stato il quorum, a Staranzano, lo si sarebbe raggiunto. Non a Monfalcone (48,87%), né a Ronchi dei Legionari (49,93%), dove per poco più o poco meno di un punto percentuale è sfumato. Staranzano (53,09%), quando si parla di affluenze, non si smentisce mai e la medaglia al petto, nella chiamata ai seggi, se l’appunta con orgoglio al petto. Ma se invece si parla di vincitori, allora a gongolare, nella triade di sindaci che assieme farebbero la Città Comune – non c’avessero messo lo zampino gli elettori a votare picche all’ultimo referendum del 2016 – è solo Livio Vecchiet. L’unico dei tre a esprimersi per il sì. Anna Cisint e Riccardo Marchesan, rispettivamente primi cittadini nella città del cantiere e del bobolar, hanno siglato, in fondo per le medesime ragioni, un secco “no” al quesito confermativo: anche questa una notizia, considerando che l’una è leghista e amministra con il centrodestra e l’altro democratico al governo con liste a sinistra. Insomma, politicamente parlando, cane e gatto.
Vecchiet, raggiunto al termine di un incontro sulle partecipate a Gorizia, è un fiume in piena: «Questo è un richiamo alla responsabilità e ora mi auguro che i parlamentari lavorino di più a Roma e non attacchino, con le loro riunioni, alle 11, ma inizino a lavorare, ogni giorno e non solo due volte alla settimane, alle 8, come fanno tante persone comuni e perbene». Il Vecchiet “tagliatore di poltrone”, perfettamente in sintonia con il 64,9% dei votanti ronchesi, sorprende con la posizione ante litteram rispetto al mantra-tipo del grillino, dipinto con le cesoie in mano: «La penso così dalla gioventù – dice –: l’esigenza di un ritorno alle origini, con un numero di rappresentanti inferiore e un parlamento più snello ed efficiente. La questione dei costi non c’entra nulla. E quest’esito del referendum va inteso come un richiamo al senso di responsabilità». E che credesse nella battaglia lo si evince anche dall’orario del suo voto: alle 7 di domenica, primo giorno dei seggi, come i pensionati.
Di diverso avviso Marchesan (alle urne due ore dopo, con la moglie), che se da un lato apprezza la tenuta dell’affluenza dall’altro comunque «rispetta l’esito del voto, quando è a così larga maggioranza»: «Non si risolvono i problemi dell’Italia con il taglio dei parlamentari. Questa consultazione non mi ha convinto, mi è sembrata un po’ demagogica, ma ugualmente ho ritenuto di esercitare il diritto e dovere di voto. Come me hanno pensato tanti cittadini». A Staranzano, che pure la vigilia del voto è stata scossa da un caso di contagio alla scuola dell’infanzia, nella sede distaccata delle primarie, luogo di seggio, tutto è filato liscio: «Da noi – conclude il sindaco – gli scrutatori non hanno disertato».
Sotto questo punto di vista, bene anche a Monfalcone, nonostante la “rivoluzione” della distribuzione delle sezioni per evitare l’interruzione dell’attività scolastica. Cisint è andata a votare domenica alle 18, assieme al giovane figlio Marco. Sull’esito del referendum così commenta: «Adesso mi aspetto che si vada al voto, visto che il parlamento non è legittimato e che non si pensi a votare il presidente della Repubblica. Ma non mi faccio illusioni sapendo che chi governa non è il re della coerenza. Andavano promosse la competenza e il merito, non il taglio tout court dei rappresentanti a Roma: le riforme, per essere serie, devono avere un senso compiuto». –
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