Redditi, il 38% dei triestini sotto i 15mila euro
TRIESTE L’87,2% delle dichiarazioni dei redditi appartenenti alle cosiddette “persone fisiche” con domicilio fiscale a Trieste è inferiore ai 35mila euro imponibili. Occhio al gergo tecnico, perché il senso che ci sta dietro, a spanne molto larghe, è che in questa città neanche 13 contribuenti su 100 dichiarano tutto sommato una “paga” che può superare i duemila euro netti al mese. Analogamente, poi, il 37,7% delle dichiarazioni presentate dai triestini non raggiunge neppure la metà, dal momento che si ritrova sotto i 15mila euro d’imponibile. Tradotto anche in questo caso, 38 cittadini su 100 in età da reddito (da lavoro o da pensione) non arrivano a fine mese, senza nemmeno che ci si metta lì a fare calcoli, se non inseriti in un contesto familiare con altre “entrate”.
Più che una fredda fotografia delle tasche dei triestini, è quasi la cronaca di uno “stato di crisi” annunciato lo studio sui redditi dichiarati dai cittadini per l’anno 2013 elaborato dall’Ufficio statistica del Comune. Il report (che il comunicato stampa riassuntivo diffuso ieri dava già per disponibile on line sulla “rete civica”, in realtà nel pomeriggio i link rimandavano alle versioni riguardanti il 2011 e il 2012) fa in sostanza i conti in tasca a tutti noi, in forma anonima chiaramente, per il terzo anno consecutivo. Si tratta, tecnicamente, dell’analisi delle dichiarazioni 2014 relative all’anno d’imposta 2013 “scaricate” dal Municipio da un portale istituzionale riservato (in conseguenza di una convenzione con l’Agenzia delle Entrate) e incrociate con i database dell’Anagrafe a proposito della popolazione residente nel corso dello stesso 2013.
Il fatto che tale studio sia arrivato alla sua terza conclusione filata consente una serie di comparazioni con gli anni prima, in particolare con quello immediatamente precedente, che rendono la misura dello “stato di crisi”, per l’appunto, nel quale sta versando proprio malgrado quello che è, dopotutto, l’indice di ricchezza della città. Partiamo intanto dal parametro che dovrebbe regalarci una botta di ottimismo: il reddito imponibile medio per ogni contribuente è di 22.036 euro. Dodici mesi fa alla stessa casella gli euro erano 21.795. L’aumento è dell’1,1%. Basta ripescare il dato Istat sull’inflazione media nazionale calcolato da inizio a fine 2013, però, per spegnere gli entusiasmi: il costo della vita, allora, in coincidenza con l’anno d’imposta qui considerato, era salito generalmente dell’1,2%.
Ciò significa che il potere d’acquisto è rimasto sostanzialmente lo stesso, e semmai è finito anche leggermente sotto. Il problema poi è che dal 2012 al 2013 la “platea” dei contribuenti locali si è assottigliata da 155.679 a 153.799, per un -1,2%. Ne consegue che il “Pil” dei redditi cittadini imponibili ai fini dell’Irpef, pur essendo cresciuto il valore pro-capite, è sceso in assoluto: da tre miliardi e 395 milioni a tre miliardi e 389, per un -0,2%. “Il numero è potenza”, soleva ripetere Mussolini, fissato con la demografia, intendendo ovviamente altro rispetto a quanto potrebbe dire un politico di questi giorni: il gettito fiscale prodotto da questo “Pil”, come somma delle imposte nette pagate dai triestini, è calata da 715,5 a 710 milioni di euro, per un - 0,8%.
Un’altra considerazione interessante che viene a galla da tale studio è, ancora una volta, l’abissale disparità tra il reddito medio degli uomini, che si attesta a 26.516 euro, e quello delle donne, pari a 17.727. Siamo nell’ordine del 50% in più. Il sesso “forte” guadagna lo 0,3% rispetto all’anno prima, quello “gentile” il 2,2%. È la testimonianza che la forbice - che, va ribadito, è larghissima - si sta quantomeno riducendo. Di poco ma si va riducendo. Per il resto ecco rispuntare, puntuale, il luogo comune - è una verità d’altronde - che vuole Trieste città di vecchi. Gli ultrasessantenni che hanno firmato nel 2014 per il 2013 una dichiarazione dei redditi sono il 41,9%. Il loro imponibile pesa, sul totale degli imponibili, il 41,4%. E non è soltanto questione d’anagrafica ma pure di età pensionabile, per effetto della storica alta incidenza del pubblico impiego sul territorio combinata alle maniche larghe sui requisiti per la quiescenza figlie della Prima Repubblica. A fronte di medie nazionali che oscillano attorno al 30%, qui i redditi da pensione sono il 36,3%. Quindici punti percentuali sotto il reddito da lavoro dipendente, che supera la metà del monte-contribuzioni al 51,1%.
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