Redaelli: «Viviamo un tempo non luminoso fra pandemia e guerra»

L’omelia dell’arcivescovo di Gorizia per la Pasqua: «Nel culmine della notte, si guardi al futuro con speranza»

Francesco Fain
L'arcivescovo Carlo Maria Roberto Redaelli
L'arcivescovo Carlo Maria Roberto Redaelli

Gorizia. «Buona Pasqua, Vesela Velika Noč, Buine Pasche». Tre lingue per un augurio. Le ha utilizzate l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli nell’omelia della messa di Pasqua, in Sant’Ignazio.

Il presule ha invitato tutti alla riflessione. E si è soffermato sul Vangelo. «Ha la potenza - le sue parole - che viene da Dio e dallo Spirito Santo di fare diventare protagonisti gli ascoltatori. Questo vale per il Vangelo dell’annunciazione, dove anche noi siamo chiamati a concepire come Maria il Figlio di Dio perché nasca nel nostro cuore e in quello degli altri (Sant’Ambrogio, uno dei grandi commentatori del Vangelo di Luca, afferma: «ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere. Se c’è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio»). Ma la cosa vale anche per il Vangelo della risurrezione. Noi oggi siamo come quelle donne, noi oggi dobbiamo annunciare che Gesù è risorto, è vivo, è il salvatore. Non possiamo solo ascoltare il racconto, ma dobbiamo diventare protagonisti di esso. Certo, anche noi con tutti i nostri dubbi, le nostre chiusure, le nostre perplessità, ma lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio».

«È interessante che i due angeli invitino le donne a ricordare le parole di Gesù. Solo ricordandole e tenendole nel cuore, è possibile arrivare alla fede e, in particolare, alla fede pasquale».

Un riferimento, seppur velato, anche alla situazione attuale con una guerra che sta infuriando in Europa. «Tutto, anche oggi, sembra contrario alla vita, alla risurrezione, alla pace, alla gioia. Ma la Parola di Gesù è più forte», il chiaro messaggio che ha voluto lanciare l’arcivescovo Redaelli ai fedeli. «Maria e le donne del mattino di Pasqua ottengano per noi, con la loro intercessione, di essere persone che accolgono il Vangelo, lo vivono e lo testimoniano. Il Vangelo della speranza e della vita. Il Vangelo di Pasqua».

La sera di sabato 16 aprile, l’arcivescovo Carlo aveva presieduto la Veglia pasquale in cattedrale e aveva evidenziato, durante l’omelia, come «il tempo che stiamo vivendo non è certo un tempo luminoso, visto il perdurare della pandemia e la guerra in giro per il mondo e ora da alcune settimane nel cuore dell’Europa. Ma proprio quando si è nel culmine della notte occorre guardare al mattino con speranza e con fede. Il Signore ha voluto condividere la nostra morte e l’oscurità del nostro sepolcro, ma è risorto».

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