Redaelli: "Una luce nel buio del Covid"

Nell'omelia un messaggio di speranza da parte del vescovo che ha voluto anche sottolineare l'importanza e il valore del presepe
L'omelia di Natale del Vescovo di Gorizia
L'omelia di Natale del Vescovo di Gorizia

GORIZIA «All’inizio dell’Avvento avevo invitato a non rinunciare, anche quest’anno, a fare il presepe e so che molti lo hanno fatto. Anch’io ho preparato un presepe».
A dirlo l’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Redaelli. «Qualcuno di voi lo avrà senz’altro notato. È stato facile - si legge nell’augurio del vescovo alla comunità diocesana -. Un bellissimo presepe africano con poche statuine di ebano: Maria, Giuseppe, il Bambino, due pastori e una pecora. I magi ci sono, ma li ho per ora nascosti dietro un volume della libreria (voglio ricordare il nome dell’artista: Nsunda Timothee di Kinshasa – Zaire). Il Natale che stiamo vivendo è del tutto inedito, caratterizzato da un clima di apprensione, di preoccupazione, di destabilizzazione, con tanti malati e tanti decessi in Italia e nel mondo. Non è però venuta meno la voglia di salvare un minimo di poesia, di affetti familiari, di calda intimità. In realtà è inedito il contesto, ma non il Natale. Natale è sempre lo stesso: è la celebrazione della nascita di Gesù, del Verbo che si è fatto carne in mezzo a noi. E resta in mezzo a noi. Una Presenza».
Un concetto espresso e ripreso anche durante la sera della vigilia quando l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa della Notte di Natale in cattedrale. «In questo Natale - le sue parole - dobbiamo pregare perché tutto finisca presto e tanta sofferenza e tanto dolore in ogni parte del mondo abbiano una fine. Ed è giusto pregare perché si possa a breve vedere la luce alla fine del tunnel. Ma la preghiera più importante da fare oggi è di accorgerci che il Signore c’è e si è messo accanto a noi in questo percorso buio per guidarci e per insegnarci a usare quei doni di cui Lui ci ha fornito e che noi, nella nostra pigrizia o anche solo distrazione, spesso non siamo neppure consapevoli di avere. Un dono, in particolare lo abbiamo tutti, ed è in fondo al cuore. Più che un dono è una riserva, che va utilizzata quando le cose si fanno difficili. E’ una riserva però che più la si usa, più si incrementa. Ed è la riserva d’amore. Oggi più che in altri tempi siamo chiamati ad amare. Se ami non esaurisci l’amore, ma lo moltiplichi anche dentro di te. L’amore è ciò che permette di andare avanti anche quando tutto è buio. Anche l’amore che vedi negli altri».
Redaelli ha voluto lanciare anche un messaggio di fiducia e di speranza. «Tutti noi, nonostante il buio, possiamo percepire l’amore dentro e attorno a noi. Lo possiamo ricevere, ma lo possiamo anche donare all’interno delle nostre case, nei luoghi del lavoro, nelle occasioni di socialità anche solo virtuali. E forse proprio il buio di questi tempi ci può portare a potenziare al massimo l’amore, a trovare in noi e attorno a noi la luce».

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