Redaelli: "La Fede non è mai acquisita una volta per tutte"
GORIZIA. «Che il Signore in questa Pasqua ci dia la grazia di sentirci amati da Lui, di scoprire la sua presenza nei segni che ci ha donato affinché la corsa della nostra vita sia guidata dal suo amore e possa giungere alla pienezza dell’incontro con Lui».
Questo l’auspicio formulato ai fedeli dall’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli nell’omelia della messa di Pasqua celebrata nella chiesa di Sant’Ignazio. Il presule ha invitato alla riflessione, chiedendo a tutti di avere fiducia.
«A noi - le sue parole - non è dato di incontrare di persona il Signore, di mangiare e bere con Lui dopo la sua risurrezione come è successo a Pietro e agli apostoli. Dobbiamo per ora accontentarci dei segni della sua presenza. Una presenza però reale non solo simbolicamente allusa. Gesù è realmente presente nell’Eucaristia, nella Parola, nella Chiesa che è il suo Corpo, nei poveri con cui si è identificato. Lo sappiamo, ma dobbiamo sempre riscoprirlo, perché la fede non è mai qualcosa di acquisito una volta per tutte. Per questo, in un certo senso, siamo sempre in corsa per andare a vedere, per cercare di capire. Una corsa che ci mette ansia, preoccupazione, tensione, ma anche aumenta il nostro desiderio di incontrare il Signore. Per questo è anche una corsa piena di speranza».
Redaelli ha evidenziato anche che «la strada della fede passa anche dalla riflessione, dalla ricerca intellettuale, dall’approfondimento personale, ma anzitutto dal cuore. Un cuore che si sente amato e amato da chi è l’Amore e proprio per questo non può non credere. Del resto l’unico modo profondo per incontrare l’altro è l’amore. Il problema è se amiamo o no il Signore. E lo possiamo amare solo se abbiamo sperimentato il suo amore».
L’arciviscovo di Gorizia, venerdì, durante la messa crismale aveva voluto ricordare i tre parroci morti negli ultimi mesi e che hanno lasciato un vuoto tremendo nelle comunità. «Anche il nostro presbiterio diocesano ha sperimentato in questi mesi la sofferenza e il lutto. Abbiamo perso tre nostri fratelli nel presbiterato e il fatto che la causa della loro morte sia stata per solo uno di loro il Covid non diminuisce il nostro dolore. Tre presbiteri (don Fausto, don Renzo, don Paolo) molto diversi tra di loro, però tutti caratterizzati da una forte personalità e soprattutto da un’appassionata dedicazione al Signore e al popolo di Dio. Dobbiamo comunque essere grati al Signore - le sue parole nell’omelia - perché, anche in queste situazioni di dolore, il nostro presbiterio diocesano si è dimostrato profondamente unito e ha manifestato un volersi bene l’un l’altro, che è una realtà più vera e più profonda rispetto agli individualismi, ai pettegolezzi, ai giudizi ingenerosi, alle frizioni che a volte, dobbiamo umilmente riconoscerlo, ci sono tra noi».
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