Redaelli e Frigomar trattano con l’Authority
È la Redaelli, leader mondiale nella produzione di funi d’acciaio, una delle aziende alle quali per abbattere i costi della produzione potrebbe far comodo una porzione di Punto franco. Nel corso del recente Open day del porto, l’amministratore delegato della società, Maurizio Prete, ha confermato il progetto di raddoppio dello stabilimento triestino da attuarsi entro i prossimi quattro anni. «Contiamo di ampliarci su ulteriori 10mila metri quadrati per i quali stiamo trattando con i nostri vicini - ha detto Prete - ma potremmo arrivare anche a 40 dipendenti rispetto ai 20 attuali». Una dimostrazione di fiducia verso la città anche se le fasi estremamente automatizzate della produzione non consentono reali boom occupazionali. «Nel 2009 - spiega la società - Redaelli ha investito su Trieste realizzando un moderno stabilimento nel quale è stata concentrata l’attività di produzione di funi d’acciaio utilizzate prevalentemente per l’industria dell’oil&gas e per i sistemi di ingegneria delle tensostrutture. Negli anni successivi Redaelli ha effettuato numerosi nuovi investimenti sull’impianto, l’ultimo dei quali è una nuova linea di produzione per l’applicazione di guaine di materiali plastici a funi d’acciaio. Quella di puntare su Trieste non è stata una scommessa, ma una scelta mirata: la città e il porto garantiscono infatti il tessuto ideale per un progetto così ambizioso offrendo non solo una perfetta localizzazione sul mare, ma anche sofisticate infrastruture logistiche in grado di movimentare carichi eccezionali».
Non solo le maxibobine della Redaelli, ma anche i motori Wartsila da 300 tonnellate partono dal contiguo terminal della Frigomar, società partecipata da Artoni e Samer che a propria volta ha progetti di espansione avendo progettato l’acquisizione di nuove aree e un prolungamento di 150 metri della banchina. E qui arriva un’altra ammissione importante che dimostra come anche sul terminal Frigomar verrà presumibilmente trasferita una porzione del Punto franco. «Siamo in trattativa con l’Autorità portuale - conferma Enrico Samer - un’area franca sarebbe estremamente utile non solo per il terminal, ma anche per gli stabilimenti produttivi. Si tratta sostanzialmente di riscoprire il Punto franco industriale che non funziona più da decenni. Con le prerogative di cui gode quello di Trieste si potrebbe ottenere una forte detassazione sulla produzione, sconti sui carburanti e altre agevolazioni. Sono anni che ci battiamo per ottenere questo strumento e forse stavolta siamo finalmente vicini alla meta». Chiaro come il Punto franco sul Canale navigabile e alle Noghere potrebbe non solo favorire le aziende già insediate, ma anche attrarne di nuove, favorendo nuova occupazione e vivificando uno strumento che in Porto Vecchio giaceva inutilizzato da tempo immemore. (s.m.)
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