Razzismo sul web, condannato a otto mesi a Trieste
TRIESTE L’aver pubblicato su Facebook un post con commenti discriminatori di natura etnica è costato a un giovane triestino una condanna a otto mesi in primo grado, senza la concessione della condizionale. Il dispositivo della sentenza a carico di Ashley Canciani l’ha letto ieri in Tribunale il giudice Barbara Camerin. È prevalsa così, in questo caso, l’applicazione della legge Mancino, la numero 205 del 1993, che punisce chi “diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico e quindi incita a commettere o commette lui stesso atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Canciani, di fatto, nel 2016 era stato denunciato da una persona italiana, triestina anche lei, che nulla aveva a che fare con l’autore del post. Questa si era imbattuta per caso due anni fa nella lettura di un post in un gruppo su Fb dove venivano riportati messaggi coloriti contro la minoranza slovena e i maghrebini. Da cui era scaturita una serie di consensi che aveva allargato sempre più la platea inferocita contro persone di etnia differente da quella italiana. Presa dalla rabbia per aver visto pubblicati simili testi sul web, quella persona era andata direttamente in Procura a segnalare il fatto. Da lì erano partite le indagini che ieri hanno portato alla sentenza in primo grado.
L’avvocato difensore di Canciani, Pietro Della Rocca, dello studio Kostoris e associati, presente in aula in sostituzione della collega Maria Genovese, ha chiesto appunto la sospensione della pena. Ma il giudice non l’ha accolta poiché l’imputato ha già goduto della condizionale per aver commesso in precedenza un altro reato ed essere quindi stato già destinatario di una condanna sospesa. La sentenza definitiva arriverà nei successivi gradi e potrà confermare quella di ieri oppure ribaltarla completamente. Le motivazioni arriveranno fra 90 giorni. Per il momento il legale di Canciani non è stato in grado di rintracciarlo. Il condannato, infatti, risulta irreperibile. Sarà il giovane indagato a decidere se impugnare l’esito del processo entro i termini oppure se accogliere la pena come definitiva. Eppure condanne così non vengono emesse proprio ogni giorno.
Tuttavia proprio qualche giorno fa un 44enne di Portogruaro, Roberto Spadotto, non l’ha passata liscia proprio per aver commentato sui social la frase “che gli diano fuoco”. Questa espressione veniva citata in un dibattito sull’accoglienza dei profughi scatenatosi su Facebook. All’uomo in questo caso è stata concessa dal Tribunale collegiale di Venezia la “messa alla prova”, che consente la sospensione del processo attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. E se quest’ultimo adempierà poi a tutte le prescrizioni il reato potrà considerarsi estinto. Oltre all’astensione totale dai social, Spadotto ha corrisposto una somma simbolica, pari a 200 euro, all’associazione “Noi migranti” di Portogruaro.
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