Razzini lascia il Consiglio comunale di Monfalcone: «Senza incarichi ci sono pochi stimoli»
MONFALCONE Passerà alla storia come uno dei pochi leghisti che, con la baionetta tra i denti, ha tentato per vent’anni di espugnare il fortino “rosso” di Monfalcone e poi, quando c’è riuscito, ha mollato la poltrona nella massima assise a metà mandato. Federico Razzini, 54 anni, padano «duro e puro», cioè nel Carroccio fin dalla sua alba, eletto per la prima volta nel 1997, ma già nel biennio precedente assessore provinciale esterno nell’inedita giunta verde di Monica Marcolin, quindi dal 2008 al 2013 consigliere regionale sotto il Tondo II, ex penna della Padania e una salda amicizia con Matteo Salvini, non è più consigliere comunale della Lega (e pertanto neppure capogruppo) nella città del cantiere. Coup de théâtre sul palco di piazza della Repubblica.
La comunicazione, via mail, è arrivata lunedì al presidente consiliare Paolo Bearzi, collega di partito, seguita da una telefonata per conoscenza al sindaco Anna Cisint, con tanto di successivo scambio di messaggini dai toni tutt’altro che aspri, anzi dispiaciuti. «Proprio adesso che ti volevo bene...»: avrebbe più o meno commentato così la prima cittadina, tessera del Carroccio in tasca da incipit 2016. Perché di Federico Razzini tutto si può dire meno che non si sia ritagliato in questi primi tre anni di amministrazione verde un ruolo da battitore libero, l’unico che senza tangibili conseguenze ha sempre potuto dire, fare e disfare. Del resto lui e il senior Sergio Pacor (sarà il prossimo capogruppo?) sono riconosciuti in città come le “pietre miliari”, si passi l’analogia, della Lega.
E allora perché gettare la spugna quando il partito è sulla cresta dell’onda? «Io sono un tipo particolare – ammette Razzini, 108 preferenze alle amministrative 2016 –, già quando fui eletto consigliere regionale lasciai la “cadrega” in Comune a favore di Bearzi». Scelta per esempio diversa da quella di Giuseppe Nicoli, che ha invece deciso di mantenere le due cariche consiliari, in Comune e Regione. «È una decisione – prosegue – maturata da tempo perché credo sia giusto, una volta centrato l’obiettivo, lasciar spazio ad altri». La prima dei non eletti è la 44enne Tiziana Maioretto (41 voti), però già consigliere a Staranzano: certo potrebbe optare a favore dell’ente più grande, che offre maggiore visibilità politica. Ma la nuova carica in un ente con popolazione di 28 mila e rotti abitanti non si concilierebbe, ai sensi della legge Madia, con il fresco incarico in seno all’Ater, mentre resterebbe compatibile la rappresentanza nel Comune del Bobolar, che conta meno di 15 mila residenti. Secondo in pole position è Danilo Tanzariello (38 preferenze), 54 anni di Panzano. Si attendono dunque notizie dalla segreteria.
Tornando alle motivazioni di Razzini: «Ho battagliato 20 anni per cercare di mandare a casa le giunte di sinistra che, secondo me, sono state devastanti per la città e ho elaborato gran parte dei programmi della Lega con cui poi si sono candidati altri». Cita le due volte nel think thank per Renzo Tondo, serbatoio di pensiero condiviso con Isidoro Gottardo, Luca Ciriani, Angelo Compagnon. Non solo. «Anna Cisint, nel 2011, l’ho scoperta io – dice –: ricordo che portai al Ritz Fedriga, dopo aver chiamato Ettore (Romoli, ndr) per chiedergli se gli scocciasse lo “scippo” di una brava dirigente del suo Comune. E un po’ in effetti sì...Lei sta facendo moltissimo».
E allora perché dimissioni ora? «Io, il mio obiettivo, l’ho raggiunto – replica Razzini – ed era di conquistare, assieme al resto della squadra, da Pacor agli altri, la città. Ce l’abbiamo fatta. A ’sto punto o sei coinvolto in un ruolo esecutivo oppure il consigliere comunale lo può fare anche un altro». «Non per questo – aggiunge subito – mollo la politica, che anzi continuerò a promuovere sul territorio, come esponente del direttivo provinciale della Lega: mai come ora, anzi, se ne avverte il bisogno».
In effetti tra gli esponenti del Carroccio, nonostante la longeva militanza, Razzini risulta uno dei pochi a non esser stato “premiato” con lo straccio di un incarico, né assessorile (Cisint gli ha preferito, pure per motivi di riconoscenza al supporto della sua candidatura nella concitata estate 2016, il segretario Massimo Asquini; mentre Razzini aveva spalleggiato con Nicoli l’allora candidato Michele Luise) né in seno a Commissioni. Un mancato riconoscimento che, forse, non ha offerto lo stimolo a restare nell’Aula. –
Riproduzione riservata © Il Piccolo