Razeto: verso l’Europa i due terzi dell’export. Importante mantenere buone relazioni
TRIESTE Il presente è positivo, il futuro incerto. E come nel loro stile, gli industriali mandano segnali garbati ma fermi al governo affinché tenga dritta la barra nelle relazioni internazionali in Europa e s’impegni a proseguire il rafforzamento infrastrutturale del paese e del territorio locale. Il convegno Top 500 offre un ritratto a due facce: da una parte le note liete degli analisti rispetto a una stagione di crescita ormai alle spalle, riferita cioè ai bilanci del 2017 (gli ultimi a disposizione); dall’altra l’avvertimento lanciato dal presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto, rispetto al mare agitato che l’Italia ha già cominciato a navigare dopo qualche anno di respiro.
Fino al primo semestre 2018 il quadro è tuttavia ancora positivo. Come spiega Maria Cristina Landro, partner di PwC, le imprese più importanti del Friuli Venezia Giulia sono «cresciute in modo diffuso»: nel 2017 l’aggregato dei ricavi da 34, 9 miliardi di euro segna un aumento del 9, 4% rispetto al 2016. Tre quarti delle imprese più importanti della regione mostrano inoltre dati in aumento e una realtà su cinque incrementa i ricavi di oltre il 20% in un anno. Positivo anche il dato riguardante l’Ebitda, che attraverso la gestione operativa dà la reale misura dell’incremento del valore di un’azienda: il totale delle Top 500 parla di 2, 8 miliardi, con un +19, 6% rispetto al 2016.
I sorrisi riguardano però solo il passato. Il rallentamento della Cina e la guerra dei dazi non sono argomenti poi così lontani e parlare di recessione non è più un tabù. È Gianluca Toschi, analista di Fondazione Nordest, a evidenziare che «il 2018 è andato bene nel primo semestre ma poi abbiamo visto il rallentamento, dopo un 2017 che ha segnato una Pil al +1, 3% e un export al +11, 2%». Nella seconda metà dell’anno il quadro congiunturale comincia a far sentire i propri effetti e Toschi si limita a citare due elementi emblematici: il –2, 3% segnato a novembre dall’esportazione dei cosiddetti beni intermedi e il graduale calo della produzione industriale della Germania, «che rappresenta un campanello d’allarme per le nostre imprese». Gli scambi internazionali hanno smesso di crescere al ritmo precedente, ma continua comunque a valere il segno positivo. Lo riconosce Razeto nel discorso di apertura: «Il 2018 ha dato risultati interessanti per l’export, anche mettendo da parte i risultati della cantieristica. Le nostre imprese si interfacciano bene con l’estero». È l’unico accenno positivo della prolusione, che vede il manager parlare di «produzione calata» e «potenziale stagnazione».
Per Razeto, «la situazione mondiale sta rallentando, forse collegata alla guerra dei dazi, alla Brexit, ai gilet gialli, al rallentamento della Germania». E qui arriva il primo messaggio al governo, dopo le tensioni con la Francia in materia di migrazioni: «Esportiamo il 66% delle nostre merci in Europa – nota il presidente di Confindustria – ed è importante mantenere buoni rapporti, perché esportiamo prima in Germania e poi in Francia. Gli Stati Uniti sono al terzo posto».
La seconda richiesta di Razeto all’esecutivo è «lo sblocco di una serie di iniziative» sul fronte delle infrastrutture: «Le merci camminano attraverso strade, ferrovie, porti». Il manager chiede inoltre di «limitare la burocrazia» per aiutare le imprese isontine che competono con i regimi fiscali e amministrativi di Austria e Slovenia. Serve inoltre «un intervento rapido» per risolvere il nodo delle aree inquinate di Trieste: «Le bonifiche permetteranno di ampliare gli insediamenti industriali per valorizzare il nostro porto, risorsa centrale per la regione e l’Italia tutta». —
D.D.A.
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