Ravignani coltivò dialogo e accoglienza, il cordoglio di Papa Francesco. Il 21 maggio cerimonia funebre in cattedrale
TRIESTE. «Donec dies elucescat» («Fino a quando non spunti luminoso il giorno»). Monsignor Eugenio Ravignani scelse come motto ispiratore del suo servizio episcopale una frase dalla prima lettera di San Pietro. Quel giorno luminoso è spuntato forse giovedì notte, poco dopo le 23, a Opicina, quando il vescovo emerito di Trieste si è spento dopo un lungo periodo di malattia. Dodici anni di episcopato a Trieste dopo quattordici da vescovo a Vittorio Veneto.
“Don Eugenio” («Come tutti affettuosamente lo abbiamo sempre chiamato», ricorda il successore Giampaolo Crepaldi) era nato a Pola il 30 dicembre 1932. Si trasferì a Trieste nel ’46 assieme a sua madre a seguito dell’esodo istriano. Il 3 luglio 1955 fu ordinato sacerdote da monsignor Antonio Santin. Tra due mesi avrebbe festeggiato i 65 anni di sacerdozio. Nel 1967, per mandato del vescovo Santin, avviò il dialogo ecumenico con i responsabili delle Chiese cristiane, ortodosse ed evangeliche della città, allargandolo pure alla comunità israelitica. Dal settembre del 1978 al febbraio 1981 diresse anche il settimanale diocesano Vita Nuova. Eletto vescovo di Vittorio Veneto il 7 marzo 1983, fu consacrato a Trieste nella cattedrale della città il 24 aprile 1983 da monsignor Lorenzo Bellomi.
«La Chiesa triestina mi ha dato la gioia di essere prete ordinato da Santin e vescovo ordinato da Bellomi», ricordò in un’intervista del 2009. Venne nominato vescovo di Trieste il 4 gennaio 1997. Il 19 gennaio 1997 salutò la diocesi di San Tiziano (Vittorio Veneto) e partì alla volta della città di San Giusto. I primi due anni di ministero a Trieste furono segnati da alcuni segnali «forti». Ravignani nominò, ad esempio, due laici alla direzione di Vita Nuova e della Caritas in sostituzione di altrettanti sacerdoti e una donna alla presidenza dell’Azione cattolica.
Nel 2008 gli era stato conferito il premio San Giusto d’Oro dai cronisti del Friuli Venezia Giulia. Nello stesso anno la Diocesi aveva ricordato il XXV anniversario della sua ordinazione episcopale con un rito liturgico nella cattedrale di San Giusto e una cerimonia al Teatro Verdi. Il 4 ottobre 2008, nella cattedrale di San Giusto, aveva concelebrato assieme all’Arcivescovo Angelo Amato il rito di beatificazione di don Francesco Bonifacio.
Dal 2009, dopo la nomina a vescovo di Trieste dell’arcivescovo Crepaldi, Ravignani aveva assunto il titolo di vescovo emerito di Trieste. Rimanendo però fedele alla vocazione di parroco. «L’ho detto a Crepaldi, spero di poter riprendere il ministero semplice, celebrare in parrocchia, mettermi a disposizione della gente», dichiarò nel 2009. Aveva dovuto aspettare due anni prima di poter lasciare l’incarico di vescovo. «Nell’aprile 2007 annunciai al Papa (Benedetto XVI) che gli avrei presentato le dimissioni a fine anno. “Lo so - mi sorrise - ma lasciamo scorrere il tempo che lei è ancora giovane”».
Il lascito di Ravignani è quello di un uomo mite e gentile che però ha segnato nel profondo la storia di Trieste. A partire dal dramma dell’esodo e delle foibe. «Ai famigliari degli infoibati non lo si può forse chiedere, noi dobbiamo invece compiere il nobilissimo gesto del perdono, allontanando ogni rancore», disse nel 2007 in occasione del Giorno del Ricordo. E c’è anche poi l’aspetto del vescovo operaio a fianco degli operai della Ferriera di Servola.
«Non posso non sentire come mie le forti preoccupazioni di tanti lavoratori di una grande industria che temono per la perdita del posto di lavoro», disse nell’omelia di San Giusto del 2007. «Io dico che una città senza presenza industriale non progredisce», ripeteva monsignor Ravignani. Resta poi un’idea di Trieste come città aperta dedita al dialogo e all’accoglienza.
«Non è possibile chiudersi all’accoglienza verso chi cerca di trovare qui libertà, giustizia, lavoro, casa e pace. Il bisogno può essere quello della povertà locale, ma quello più grande è l’immigrazione - disse nell’intervista al Piccolo del 2009 -. In questo senso Trieste è luogo dell’accoglienza per antonomasia. Chi fece le fortune di questa città nel Settecento? Quelle presenze vi si sono sì o no incarnate, sono sì o no ancora in parte ragione della prosperità di questa città?». Domande attuali da rivolgere ai governanti di oggi.
La celebrazione funebre di monsignor Eugenio Ravignani si terrà il 21 maggio alle 11 nella cattedrale di San Giusto, dove seguirà la sepoltura del vescovo accanto alla tomba di monsignor Santin. Oggi alle 20 nella cattedrale si terrà una veglia di preghiera a porte chiuse, una seconda si svolgerà mercoledì 20 nella chiesa di San Vincenzo de’ Paoli.
IL TELEGRAMMA DALLA SANTA SEDE
La vicinanza nella preghiera e la Benedizione Apostolica del Santo Padre nel testo del telegramma inviato attraverso la Segreteria di Stato:
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