“Rave”, 147 denunciati e indagati Ma solo due vanno a processo

Il party organizzato nel 2008 a Borgo Grotta Gigante, caduta l’accusa di occupazione di aree private Convocati come testi i proprietari dei terreni: il rumore non li disturbò perché abitano in altre regioni

di Claudio Erné

«Ha sentito il frastuono del rave party?» «No, signor giudice, non ho sentito nulla: abito a Savona e da vent’anni manco da Trieste. Quella notte ero in Liguria, a casa mia».

Queste parole surreali sono state pronunciate ieri nell’aula del Tribunale dove venivano processati due dei 147 giovani triestini, goriziani e monfalconesi, coinvolti nell’inchiesta sul rave party organizzato a Borgo Grotta Gigante nel luglio 2008. Richiamati dal frastuono e dalle proteste di molti abitanti del Carso, erano intervenuti decine di carabinieri: molti giovani erano stati identificati e denunciati alla Procura per occupazione di terreni privati. Alcuni erano stati denunciati anche per aver disturbato con la musica assordante di numerose “casse” il sonno di centinaia e centinaia di persone.

I due giovani processati ieri sono gli unici dei 147 identificati e denunciati alla Procura a essere approdati all’aula di giustizia. Decine e decine di altri ragazzi sono usciti tranquillamente di scena, pagando una piccola somma; altri sono stati prosciolti perché nessuno dei proprietari dei terreni “invasi” durante la rumorosa festa notturna li aveva querelati. E senza querela il processo giocoforza si è arenato e gli “imputati” sono usciti indenni da questa esperienza giudiziaria.

Alessandro M. e Vittorio C., difesi dagli avvocati Stefano Briscik e Lucio Calligaris, hanno invece scelto il processo pubblico per dimostrare la loro estraneità ai fatti contestati dal pm Maddalena Chergia. Avevano accompagnato alla festa con le loro auto due amiche e subito se erano allontanati. I militari avevano però annotato le targhe ed era scattata la denuncia.

L’accusa, per dimostrare che il frastuono aveva disturbato il riposo di molte persone, ha scelto di interrogare alcuni proprietari dei fondi adiacenti a quello in cui era stata organizzata la festa. L’Ufficio del pubblico ministero ha avuto però sfortuna, perché tutti i testi sentiti ieri in aula, pur possedendo terreni a Borgo Grotta Gigante, risiedono in località lontane da Trieste. A Savona, in Liguria abita da anni il primo testimone, che ha risposto al pm «di non aver sentito nulla». Identiche risposte negative sono giunte da altri due testi convocati in aula: il primo abita a Roma, il secondo a Bologna. Anch’essi nelle ore in cui si è sviluppato il rave party dormivano a casa loro e non hanno sentito nulla. Né le sezioni ritmiche, né i solisti. Silenzio assoluto.

La domanda «Lei dov’era quella notte?» non solo è stata del tutto inutile per l’esito del processo, ma ha anche evidenziato che questa indagine-monstre per numero di indagati finora è sfociata in un nulla di fatto. Nessuna condanna, e tante, tantissime spese a vuoto. Anche quelle sostenute dai tre proprietari dei terreni che hanno dovuto raggiungere Trieste per dire al giudice che nella notte del rave party stavano dormendo a casa loro. A centinaia di chilometri di distanza.

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