Rapinatore irrompe in pizzeria con la pistola, ma fugge senza bottino. Il titolare: «Ho avuto paura di morire»
MONFALCONE. Fa irruzione in pieno giorno, alla “Pizza big Daniel” per asporto, in via XXV Aprile. Ma il titolare gli ripete che non ha soldi, e lui abbandona il locale e se ne va in sella a una bicicletta. È accaduto venerdì, attorno alle 14.50, durante l’orario di chiusura. All’interno c’era uno dei due gestori, di nazionalità bengalese, giunto da poco, la giovane dipendente e il pizzaiolo avevano già “staccato”. La porta a vetri d’ingresso era aperta, considerato il caldo e le alte temperature del forno, per creare un minimo di ventilazione. Hasan Mukit, 24 anni, partito da Trieste dove risiede, era arrivato una ventina di minuti prima, appena uscito dal centro culturale di via Don Fanin, al termine della preghiera. Si trovava dietro la cassa, alle prese con delle operazioni al computer, quando all’improvviso s’è trovato di fronte un giovane, il volto coperto da un passamontagna, armato di pistola, puntatagli contro. Colto da un’angoscia paralizzante, è riuscito a mantenere il sangue freddo. «Che succede? Cosa ti serve?», gli ha proferito con pacatezza, sentendosi rispondere con altrettanta calma, in perfetto italiano: «Mi servono soldi».
Sono le uniche parole che il rapinatore ha pronunciato, fino a desistere e, inforcata una bicicletta da uomo, raggiungere l’incrocio con via Mazzini e svoltare in direzione di via San Francesco. Tutto s’è consumato in pochi minuti, non senza l’evidente paura del gestore che, come ha raccontato, ha passato due notti insonni. Mukit ha formalizzato la denuncia nella stessa giornata di venerdì ai carabinieri, subito intervenuti nel locale. E dire che qualche ora dopo, una rapina a mano armata ha seminato il terrore alla gelateria “Fiore di Latte”, a ridosso del centro di Gradisca. Un’incursione notturna, poco dopo le 22.30 e le due commesse in procinto di chiudere il locale sono rimaste vittime dell’agguato teso da un uomo che, casco in testa e mascherina, le ha minacciate con pistola e coltello, scaraventandone una sul pavimento. Una settimana prima è toccato alla gelateria Frel, a Ronchi dei Legionari, quando alle 23.26 ha fatto irruzione il rapinatore, il volto travisato e un coltellaccio in mano, dileguatosi con il bottino. È lo stesso malvivente?
Mukit era ben al corrente di quanto accaduto, addosso ancora i brividi e l’immagine nitida del “suo” giovane col passamontagna a spianargli la pistola davanti. «Avrà avuto 20-21 anni, era alto e magro, indossava pantaloni lunghi e una maglietta a maniche corte, aveva anche uno zaino. È capitato all’improvviso. Come ha varcato l’ingresso, ha estratto dalla cintura la pistola, coperta dalla maglia - racconta tradendo una certa ansia -. Mentre si stava avvicinando ha caricato sotto i miei occhi l’arma puntandomela addosso, come si vede nei film. Ho alzato le mani, gli ho chiesto “cosa è successo? Cosa ti serve?”, mi ha detto “Mi servono soldi”». Il gestore ha semplicemente spiegato: «Non ho soldi, a quest’ora non ne abbiamo», mostrandogli anche il portafoglio: «Guarda, è vuoto».
Mukit continua: «Quel giovane ha mantenuto sempre la calma, parlava piano e con tono basso, non ha mai alzato la voce. Non era aggressivo, né agitato. Ad un certo punto, in stato di confusione, gli ho offerto una bibita. Gli ho chiesto: “Vuoi bere dell’acqua, una coca cola?”», facendo cenno al frigo posto davanti al bancone. «Se n’è andato e basta. È uscito in direzione di via Mazzini». Il gestore infatti, dopo pochi secondi, s’è affacciato sulla via vedendolo inforcare una bicicletta da uomo e proseguire verso via Mazzini.
«Ho telefonato al mio socio, il suo cellulare era spento. Era in preghiera al centro di via Don Fanin». I carabinieri sono subito arrivati, hanno raccolto la testimonianza del gestore e perlustrato la zona. I due titolari, l’altro risiede a Monfalcone, hanno avviato l’attività nel dicembre 2019. «Non c’è mai capitato nulla da quando abbiamo aperto – dice Mukit – e ora questo... sono ancora nervoso, non dormo la notte. È stato davvero terribile, avevo paura di morire».—
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