Raid sui muri, nove writer verso il processo

Sono in nove. Nove ragazzi che tra il 2014 e il 2015 hanno messo a segno decine e decine di raid in città. In cui hanno imbrattato tutto il possibile. Dai muri delle case private a quelli degli edifici pubblici. Ma anche la carrozzeria delle automobili. E anche le vetrine dei negozi. Ora - mentre il fenomeno continua a fare notizia - arriva il conto per la banda dei writers di allora.
Il pm Nicola Russo ha chiuso formalmente le indagini prima di trasferirsi a Pordenone. Entro breve scatteranno le richieste di rinvio a giudizio. I nomi sono quelli di Lorenzo Kostoris, 23 anni, Alberto Guerzoni, 27, Nicolas Augustin Santos, 20, e il fratello Matias Gabriel, 23, Filip Jovanovic, 18, Alessandro Bramucci, anche lui diciottenne, Lorenzo Giustini, 21, Giulio Musi, 21, e Federico Ferraro, 23.
Sono tutti accusati a vario titolo di numerosi imbrattamenti messi a segno, per l’appunto, in tutta la città.
Ma alcuni sono finiti anche nei guai per vicende di droga e anche per aggressioni agli agenti della polizia locale impegnati nelle indagini. L’episodio più rilevante in questo senso porta la data del 17 aprile 2015 durante una perquisizione nella casa di Lorenzo Kostoris. Il giovane, secondo l’accusa, ha aggredito i due agenti che gli avevano impedito che lanciasse, fuori dalla finestra aperta della stanza da letto, un involucro di cellophane contenente vari tipi di sostanze stupefacenti. Ne era scaturita una colluttazione. Difensori gli avvocati Emanuele Fragasso, Francesco Camerotto, Antonio Guaiana, Alessandro Giadrossi, Fabio Nider, Marta Silano, Monica Scarsini e Riccardo Nurra.
Ai writers gli agenti della polizia locale sono arrivati seguendo le scritte o, meglio, anche i cosiddetti crew di appartenenza. Si tratta delle “firme” apposte sotto ogni disegno che di fatto identificano l’autore. Si tratta per esempio, di Warg, Crow, Morty, Mortymer, Tatcops, 2f4p, Dope Boyz, Robert Polsen, Fatcops: parole in genere incomprensibili sia per la complessità del tratto grafico che per il significato. Ma che nell’ambito del gruppo rappresentano un segno distintivo dell’autore del murales.
Hanno, come detto, colpito in tutta la città. Addirittura di fronte alla Questura, in via del Teatro Romano. E poi in via Boccardi, in via Ginnastica, in piazza Carlo Alberto, in via delle Lodole, in largo Mioni, in via Venezian, in largo Papa Giovanni, in Cavana, in piazza Hortis, in via dei Capitelli, in via D’Alviano e in salita di Gretta. Ma anche sulla cassetta della posta di un tabacchino in via Venzone, in corrispondenza della birreria Fora per fora in via Cadorna. Poi sulla chiesa della Beata Vergine del Soccorso e vicino al negozio Delikatessen in via Venezian.
E, ancora, su automezzi e furgoni parcheggiati in strada. Insomma, quello che si era verificato era stato un vero e proprio assalto continuativo. Tant’è che lo stesso comandante della polizia locale Sergio Abbate aveva all’epoca parlato di fenomeno in crescita e non aveva nascosto la sua preoccupazione. Aveva ammesso: «Coglierli sul fatto è raro. Sono diventati scaltri nel non farsi riprendere se non camuffati». E intanto anche su Facebook la protesta era salita. Perché molti triestini avevano segnalato in tempo reale le incursioni dei writers. Poi l’impegno degli agenti ha portato risultati concreti. Nove ragazzi sono finiti sotto accusa.
Riproduzione riservata © Il Piccolo