Raid contro i rom con ruspe e minacce «Tornate nel ghetto»

Il gruppo di nomadi voleva insediarsi alle spalle di Zara ma è stato insultato e cacciato. Il sindaco minimizza
Di Andrea Marsanich

FIUME. Primo Maggio a Skabrnja, piccola località alle spalle di Zara, disgraziatamente nota per l’eccidio compiuto nel 1991 da paramilitari serbi contro i croati del posto, che costò la vita ad 84 persone, tra civili e militari. Martedì scorso erano in cento, dotati di un paio di ruspe, pali di legno e filo di ferro. Dopo gli scavi, e mentre altrove in Croazia si celebrava la Festa del lavoro, hanno delimitato il terreno in cui si trovavano tre famiglie rom, un lotto di circa 4mila e 500 metri quadrati. «Statevene nel vostro ghetto – urlavano gli esagitati – non vogliamo rom e serbi da queste parti, sono terre che abbiamo difeso col sangue durante la Guerra patria». Poi altre grida, minacce e offese contro le famiglie Dzanija, Kovacevic e Ivanisevic, gente di nazionalità rom che un paio di settimane prima avevano acquistato il lotto da un abitante di Skabrnja, Tomo Skara, versandogli 5mila euro. Un appezzamento con poco verde e dove la piccola comunità intendeva mettere in piedi un’attività fatta di raccolta e vendita di ferrovecchio e di altro materiale. Niente da fare perché gli abitanti di Skabrnja e del vicino abitato di Prkos si sono opposti alla presenza dei rom, hanno persino minacciato di ucciderli se non fossero partiti alla svelta. Nel tardo pomeriggio di giovedì le tre famiglie, a bordo di altrettanti camper scortati dalla polizia, hanno abbandonato precipitosamente l’area, dicendo che non torneranno mai più in un luogo dove sono stati trattati come delle bestie, insultati e minacciati di morte. Il sindaco di Skabrnja, Luka Skara, ha voluto minimizzare il caso, affermando che non si è trattato di intolleranza su base etnica, bensì di un errore giuridico–patrimoniale relativo al lotto. «Quando avranno messo in regola i documenti tornino pure», ha dichiarato il sindaco. Intanto il presidente della Repubblica, Ivo Josipovic, e il ministro croato degli Esteri e degli Affari europei, Vesna Pusic, hanno stigmatizzato il grave episodio, mentre il difensore civico della Croazia, Jurica Malcic si è rivolto al primo cittadino di Skabrnja, chiedendo chiarimenti sulla vicenda e rilevando che in Croazia è vietata la discriminazione, sia dalla Costituzione che dalla competente legge e da numerosi accordi internazionali.

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