Ragazzino abusato in cantina a Trieste, chiesti 11 anni per l’imputato
TRIESTE. Rischia una condanna pesante il trentacinquenne triestino accusato di aver violentato un undicenne in una cantina delle case Ater di piazzale De Gasperi. Ma l’uomo è sotto processo anche per aver tentato un approccio sessuale con una minorenne domandandole con insistenza lo scambio di foto intime via Whatsapp. Nell’udienza di ieri in Tribunale il pm Federico Frezza, il magistrato che aveva indagato su entrambi i casi, ha chiesto per il trentacinquenne una pena di 11 anni di carcere, diminuiti a 7 anni e 5 mesi visto che il processo si celebra con il rito abbreviato. Il gup Luigi Dainotti ha rinviato per le repliche delle parti al 23 marzo.
Secondo la denuncia, l’abuso sull’undicenne era avvenuto nell’agosto del 2017. L’uomo era in contatto con la famiglia della vittima, conosciuta in ambito rionale. Aveva convinto il minore a seguirlo con la promessa del regalo di un videogioco: un “X-box” ultimo modello, poi effettivamente donato. Il bambino, stando alle indagini, era stato spogliato e violentato.
Il gup nei mesi scorsi aveva sottoposto l’imputato a una perizia psichiatrica. Nell’esame era emerso il passato di disagio e marginalità sociale in cui aveva vissuto l’uomo; erano stati inoltre diagnosticati «un disturbo della personalità e una difficoltà nella capacità critica, che sembrano coerenti – così scriveva lo psichiatra – con la presenza di un quoziente intellettivo lievemente sotto la norma». Ma, veniva precisato, «qualora il trentacinquenne venisse giudicato responsabile dei fatti per cui è imputato, nel periodo della commissione degli stessi non si trovava in condizioni di infermità». In altri termini, sapeva cosa faceva.
Inoltre, aggiungeva l’esperto, «anche valutazioni psichiatriche pregresse non avevano mai rilevato la presenza di un disturbo mentale severo», né la presa in carico da parte dei servizi di salute mentale.
L’avvocato Alessandro Giadrossi, il legale che difende il trentacinquenne, ha chiesto l’assoluzione in subordine al riconoscimento dell’infermità mentale dell’imputato, le attenuanti generiche e l’attenuante per aver risarcito il danno ai genitori della minorenne a cui l’uomo domandava le foto intime. Tremilacinquecento euro la somma concordata. Da quanto risulta anche ai genitori dell’undicenne, tutelati nel processo dall’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, è stato offerto un assegno da 10 mila euro a titolo di risarcimento. Il denaro è stato rifiutato.
Ieri è stata sentita la zia dell’undicenne, che ha confermato quanto emerso nell’istruttoria: cioè di aver ricevuto le confidenze del nipote, di aver riferito il fatto ai Carabinieri e di aver portato il bambino al Burlo. «Esprimo massima stima nei confronti della famiglia che assisto – ha osservato l’avvocato de’ Manzano a margine dell’udienza –: i genitori hanno avuto il coraggio di denunciare una violenza connotata da pesanti stigme sociali anche per le vittime».
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