Ragazzi a scuola di guerra chiuso un campo a Zlatibor
BELGRADO Il ministro degli Interni serbo, Nebojsa Stefanović, ha annunciato la chiusura di un campo estivo paramilitare per giovanissimi organizzato da gruppi di nazionalisti serbi e russi sulle montagne di Zlatibor, nella Serbia occidentale, dopo che forti polemiche sul tema erano scoppiate nei giorni scorsi nel Paese.
Il campo è stato chiuso e i ragazzi che partecipavano all'iniziativa rimandati a casa per «possibili abusi dei bambini» a «disturbo della quiete pubblica», ha illustrato Stefanović, citato dall'agenzia Beta. Nei giorni scorsi i media locali e quelli russi avevano specificato che erano una quarantina di ragazzini tra i 12 e i 23 anni presenti al campo di Zlatibor, programmato dal 9 al 18 agosto, incluse alcune ragazzine. Pernottavano in tenda e portavano un basco in testa, la divisa mimetica e utilizzavano armi finte.
Gli organizzatori - tra cui figurava un'associazione di veterani delle guerre nell'ex Jugoslavia - avevano assicurato, si può osservare in un video prodotto da Russia Today, che il fine dell'iniziativa era solamente quello di insegnare ai ragazzi tecniche di autodifesa e orientamento, di migliorare la loro resistenza fisica, oltre che di sviluppare la loro conoscenza delle relazioni serbo-russe.
Il campo estivo, ha specificato la Prva Srpska Televizija, aveva tutti i permessi in regola e aveva ricevuto sostegno finanziario dalla municipalità di Cajetina, il cui sindaco ha difeso l'iniziativa parlando di «campo umanitario patriottico, dove i ragazzi imparano i valori tradizionali serbi e non vengono pagati, come quelli che partecipano ai reality show».
Nei giorni scorsi nel Paese si erano levate forti anche voci contrarie e preoccupate, con il Partito liberaldemocratico che aveva chiesto l'immediata chiusura del campo.
Certo non era molto edificante per un Paese che 27 anni fa era precipitato nella cruenta e disastrosa guerra che ha portato al disfacimento della ex Jugoslavia. I ragazzi del camp all’inizio hanno giurato in mimetica con le armi finte in mano per poi dedicarsi alle attività tutte di bnatura paramilitare. I filmati diffusi non lasciavano dubbi sul carattere dell’addestramento cui venivano sottoposti: il passo del giaguaro, lo strisciare sotto un reticolato, sparare ai nemici.
La psicologa serba Vesna Brzev Čurić, per la Tanjug, ha affermato che la responsabilità del campo di addestramento sta sicuramente in quelli che lo hanno organizzato, ma anche nei genitori che vi hanno iscritto e mandato i propri figli.«Per i bambini - ha affermato la psicologa - questo non è difesa, loro non giocano mai alla difesa giocano sempre all’attacco», aggiungendo che insegnando loro a sparare contro un invisibile nemico di fantasia crea una psicosi, ossia una pressione che fa credere al ragazzo che il nemico sia realmente vicino a noi e in alcuni di essi insinua una vera e propria situazione di panico.
Critico anche il presidente serbo Alexandar Vučić il quale ha affermato che «questa non è la Serbia del futuro, ribadendo che Belgrado non tollererà tali situazioni. «Come Paese non abbiamo bisogno di questo», ha concluso. E nemmeno i bambini e la gioventù della Serbia. —
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