«Questo porto supererà Venezia e Capodistria»
Il primo discorso pubblico del commissario dell’Authority Zeno D’Agostino sulla sua idea di sviluppo del Porto di Trieste, la notizia che la privatizzazione delle tre società partecipate Trieste terminal passeggeri, Adriafer e Porto di Trieste servizi è congelata, la contestazione anche con urla e schiamazzi di alcune decine di operai aderenti in particolare al Comitato lavoratori del Porto di Trieste nei confronti dei rappresentanti politici. Non ha risparmiato nulla il convegno organizzato dalla Cgil sul tema “Il Porto di Trieste: un’opportunità per l’economia regionale. Rilancio delle attività. Riqualificazione del lavoro” svoltosi al termine di una lunga giornata che ha segnato un’alta adesione allo sciopero proclamato in tutti gli scali italiani.
D’Agostino, stimolato dalle domande del direttore del Piccolo, Paolo Possamai, dopo aver annunciato che a breve provvederà alla nomina del segretario generale dell’Autorità portuale, ha esposto le sue linee programmatiche: «Trieste si trova stretta tra Venezia e Koper, pardon Capodistria. Ma questi due porti non ci faranno da modello. Venezia ha grandi progetti che però alla fin fine non si sostanziano (il riferimento è logicamente all’off shore). La strada dei grandi progetti e dei maxifinanziamenti non è quella da seguire. Capodistria ha un vantaggio competitivo legato al costo più basso della manodopera, ma non basterà per eccellere. La mia idea per Trieste - ha spiegato il commissario - è quella di un Porto-regione, un sistema logistico complesso di cui Trieste costituisce il motore».
Chiaro anche il suo concetto sulle sinergie. «Quando ne parlo - ha spiegato - mi riferisco all’entroterra, all’integrazione con piattaforme regionali che oggi sono vuote (qui chiaro il rimando all’interporto di Cervignano), ma anche al rafforzamento del polo ferroviario di Campo Marzio, all’eliminazione della doppia manovra perché dobbiamo creare e poi sfruttare una capacità di portare rapidamente fuori le merci che oggi ancora non c’è. Merci che dobbiamo vendere sui mercati internazionali anche a seguito di un’operazione di marketing che spetta all’Autorità portuale che deve essere capace, in ultima analisi, di creare un sistema territoriale competitivo».
Alla fine l’annuncio: «Ho congelato la privatizzazione delle tre società partecipate (per le quali Marina Monassi aveva pubblicato gli avvisi per avere le manifestazioni d’interesse, ndr). Nella mia interpretazione esiste l’obbligo di legge per cedere solo il 50% per quanto riguarda Adriafer e Porto di Trieste servizi, nemmeno questo per Trieste terminal passeggeri (che però è già privata al 60%, ndr)».
La contestazione dei portuali è esplosa mentre stava parlando il senatore Francesco Russo, autore della norma di legge che porterà alla sdemanializzazione del Porto Vecchio. «Siete voi che avete distrutto il Porto Vecchio», «è da 15 anni che dite risolviamo tutto domani», «i politici di Trieste che non difendono la città è meglio che si trasferiscano a Roma». «Ho 1.350 euro di paga, non 5mila», «Dopo cinque anni di contrattazioni ci obbligano al contratto di solidarietà», «Il tumore interno al Porto sono i terminalisti». Queste alcune accuse percepibili in mezzo ai fischi e agli insulti. I portuali hanno invece riservato applausi a D’Agostino, definendolo «una brava persona».
«Metteremo il Punto franco dove effettivamente serve ai traffici - ha tentato di dire Russo - perché il Porto Vecchio è abbandonato da decenni, da ben prima della legge 84 del 1994 che prevedeva un regolamento per le aree franche triestine. Ma oggi anche il Friuli ha capito che uno scalo come Trieste è importante per tutta la regione, si tratta di far comprendere a Roma che il nostro è l’unico porto italiano veramente internazionale».
E il sindaco Roberto Cosolini ha sottolineato come il commissario ponga fine a un’epoca di chiusura e separatezza del Porto che finalmente esce nuovamente dalla Torre (del Lloyd) per tornare a dialogare con le istituzioni. «Già abbiamo fatto un’ottimo lavoro di squadra - ha aggiunto - andando a difendere a Roma la posizione comune contro il rigassificatore», la cui contrarietà personale è stata ribadita dallo stesso D’Agostino.
«Non siamo stati capaci di attrarre i grandi gruppi internazionali - ha ammesso Stefano Visintin presidente dell’Associazione spedizionieri - che al contrario hanno spostato i propri uffici a Capodistria, né di attuare un vero ricambio locale delle imprese che chiudevano. Ma forse anche perché si è voluto scommettere quasi tutto sui container considerando residuali i traffici delle rinfuse, di merci quali legnami, carta, cellulose, le più tradizionali per Trieste che avrebbe avuto maggiori occasioni di creare occupazione nelle operazioni di rottura del carico e in questo senso poteva ancora risultare utile anche il Porto Vecchio».
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