«Quella Trieste-Opicina con la “500” dell’amico»

«La festa, per noi giovani, iniziava già il lunedì o il martedì: ore e ore seduti sui paracarri a guardare dalla curva della Cava Faccanoni passare le auto rombanti su per la salita. Erano i piloti che provavano il percorso, di notte per non incontrare traffico, in attesa della corsa del fine settimana». La corsa era la Trieste-Opicina, gara di velocità in salita svoltasi dal 1911 al 1971 e che, in chiave di regolarità, verrà riproposta come da alcuni anni dagli organizzatori del Club dei Venti all’ora il 30 agosto prossimo.
Il ragazzo che con i coetanei rimaneva affascinato dai bolidi era invece il triestino Roberto Giovannini, classe 1944. Tanto affascinato dai bolidi e dall’atmosfera delle corse da correre lui stesso, dopo qualche anno, due edizioni della competizione, quelle del 1967 e del 1970.
La Trieste-Opicina Historic, questo il nome ufficiale di quella che fu definita la “Monza in Salita”, richiamava piloti di calibro nazionale e internazionale, come Arturio Merzario e Jonathan Williams, che corsero fino in Formula 1, oltre a quelli locali come Silvano Frisori, fortissimo driver di Renault Alpine, Paolo Parlato, tuttora in attività e Alessandro Moncini, vincitore dell’edizione finale. Due “mondi”, quello dei piloti locali e dei Vip, gli “ufficiali” o quasi, che non venivano a diretto contatto se non in pochi frangenti nel pre-gara. Una circostanza che comunque non faceva smettere di sognare appassionati e driver “dilettanti”. Come Giovannini. «Nel ’67 - ricorda Roberto, di professione informatico “ante litteram” e ora in pensione - per la corsa mi feci prestare la Fiat “500D” di un amico, che come unico vincolo mi fece promettere di non cancellare i numeri di gara che allora si disegnavano sulle fiancate con la biacca, per poi pavoneggiarsi in giro».
Altri tempi. «Io e un amico preparammo la vetturetta il pomeriggio prima della gara: scarico sportivo e poco altro. Ma l’auto aveva gli pneumatici posteriori lisci. Così me li feci prestare da un altro conoscente. Finii fuori tempo massimo ma quanto divertimento!».
La Trieste-Opicina Historic è una gara di regolarità ma ha sempre proposto contenuti extra-motoristici ed extra-sportivi. Questo anno si arricchisce in occasione del Centenario della Grande guerra, una circostanza che non poteva lasciare indifferenti gli appassionati di storia e cultura, quali sono gli autentici amanti delle vetture d’epoca, come i soci del “Venti all’Ora”. «Abbiamo voluto rendere omaggio al Centanario - osserva il presidente del club organizzatore Francesco Dilauro - con un percorso speciale e più lungo, che toccherà molti luoghi del conflitto di allora. Dopo le verifiche tecniche del 29 agosto, il 30 si partirà dall'affascinante Museo ferroviario di Campo Marzio, unico del suo genere a essere ospitato in una stazione tuttora parzialmente attiva e che ai tempi dell'Impero austro-ungarico collegava Trieste alle capitali del Nord e dell'Est». Poi la gara si snoderà verso il Carso e le Alpi Orientali. «Attraverserà - sottolinea Di Lauro - la Slovenia e percorrerà un itinerario che toccherà i luoghi della sanguinosa epopea della Grande Guerra: Hermada, Sabotino, San Michele, Kolowrat, Caporetto, Monte Nero, Bainsizza, Matajur, infine Cividale del Friuli, dove si congiungerà al Rally delle Alpi Orientali». Il gemellaggio con il rally, storicamente l’altra corsa più importante del Friuli Venezia Giulia dopo la Trieste-Opicina, è la seconda novità 2014. «È una combinazione straordinaria - spiega Di Lauro -: L'automobilismo sportivo italiano, quello sloveno e l’austriaco si raccoglieranno dunque per competere insieme. E fare festa insieme: le due gare, infatti, termineranno entrambe a Udine nel pomeriggio del 30».
«Nel 1970 - conclude Giovannini - mi presentai alla partenza con una Fiat “595 Abarth Competizione” che avevo acquistato nel frattempo, col motore preparato dagli Stabilimenti meccanici triestini, poi “Isotta Fraschini”. Arrivai nono sui 18 concorrenti della mia classe, quella “fino ai 600 cc” ma nelle gare seguenti il bicilindrico si rivelò troppo fragile e, stanco delle rotture e delle costose riparazioni, capii che o si faceva sul serio, da professionisti, o era meglio lasciare perdere. Vendetti l’auto. Ora faccio parte dell’organizzazione: la passione per le auto da corsa resta nel sangue».
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