Quel viaggio della nave Europa con ospite il pinguino Marco

Il 5 febbraio del 1953 la motonave salpava da Trieste diretta a Città del Capo Qui fu prelevato l’animale che sarebbe diventato l’attrazione dell’acquario

TRIESTE All’alba di giovedì 5 febbraio 1953 salpa dalla stazione Marittima di Trieste la motonave Europa. È il suo secondo viaggio verso Città del Capo.

Al ritorno a Trieste, il 18 maggio, dall’Europa sbarcherà un clandestino molto particolare: un pinguino. Si chiama Marco e diventerà un mito.

A 64 anni di distanza il ricordo di Marco è ancora saldo in migliaia di triestini e non solo. Turisti, artisti, politici e uomini delle più importanti istituzioni internazionale di passaggio a Trieste non perdevano occasione per recarsi in “Santa Maria del guato” - come scherzosamente è stata ribattezzata la pescheria con annesso acquario - per incontrare la deliziosa bestiola, molto più di una mascotte.

 

Storia di un mito: il pinguino Marco, da "clandestino" a star di Trieste. Le immagini d'epoca

 

La storia ufficiale recita che il pinguino fu prelevato in Sudafrica in base a un accordo tra le autorità italiane e quelle sudafricane. Serviva quale attrazione dell’acquario.

Un’altra versione veicolata all’epoca era che il pinguino fosse stato issato a bordo per salvarlo dall’attacco di un’orca famelica. Infine, ecco la ricostruzione forse più suggestiva: il rapimento.

 

 

C’è in tal senso la testimonianza di uno dei “rapitori”. Il signor Annibale S., all’epoca imbarcato sull’Europa come “piccolo di camera”, ovvero addetto all’assistenza dei passeggeri. «Eravamo al porto di Città del Capo. La nave era priva di passeggeri e imperava la noia. A un certo punto vediamo avvicinarsi un gruppetto di pinguini. Non so come sia scattata l’idea ma senza pensarci un attimo abbiamo calato una rete. Ne abbiamo catturato uno e issato a bordo».

L’Europa salpa da Città del Capo e il pinguino è ancora a bordo. In breve la nave prende il largo e i rapitori non se la sentono di buttare il pinguino a mare.

Lo nascondono nelle toilette, lo nutrono come meglio possono, ma l’animale sembra deperire a vista d’occhio. Ormai quasi tutto l’equipaggio è a conoscenza dell’insolito passeggero. Per i “rapitori” non resta che confessare la malefatta al nostromo. Si chiama Giovanni Barrera, siciliano di Ragusa, un lupo di mare di lungo corso, veterano del Lloyd Triestino, la compagnia proprietaria dell’Europa.

Barrera si intenerisce e diventa complice dei giovani dell’equipaggio. Anzi, è lui che sceglie il nome da dare al pinguino: Marco. Così avrebbe voluto chiamare il figlio mai arrivato.

 

 

Soltanto a Brindisi, ultimo scalo prima di Trieste, Barrera si affaccia nella plancia di comando e avvisa gli ufficiali della situazione. Ma ormai Marco è a tutti gli effetti uno dell’equipaggio.

La presenza del pinguino è telegrafata alla Marittima e subito si appronta la vasca per lui all’acquario. Quella diventerà casa sua per 32 anni.

In breve Marco diventa una star amatissima dai bambini. Il pinguino è sempre in compagnia degli addetti all’acquario con i quali passeggia lungo le rive come tra vecchi amici. Aspetta il rientro dei pescherecci in attesa di qualche delizioso bocconcino.

E poi ci sono le relazioni pubbliche. Farsi fotografare assieme a bambini ed adulti, assumere pose ora ridicole ora struggenti. Marco diventa uno dei simboli di Trieste al pari delle “mule”, della bora, di Miramar e del “formaggino”.

La sua vita è una lunga e spensierata vacanza, padrone assoluto dell’acquario dove si accomoda non sempre di buona voglia per la notte. Gli tocca pure sopportare l’arrivo di qualche pinguina allo scopo della procreazione in cattività degli eredi. Ma Marco non ne vuole sapere, sono baruffe da orbi.

Gli anni passano e la sua popolarità è ormai alle stelle. Non c’è rotocalco nazionale che non ne abbia scritto, diventa protagonista di tanti documentari televisivi.

Capita che non sempre sia di luna buona e qualche volta non esita a beccare il naso di ragazzini troppo intraprendenti.

Gli anni passano e per Marco diventano 32. Muore pochi minuti prima di mezzogiorno di giovedì 27 dicembre 1985. La notizia fa il giro della città in un lampo. Trieste piange il suo simpatico amico venuto da lontano.

Ma Marco regala l’ultima sorpresa che consente di asciugare le lacrime e stampare un sorriso di tenerezza in quanti l’hanno amato. L’autopsia rivela che Marco era una femmina.

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