Quegli undici soci che nel frenetico ’68 rivoluzionarono la vela triestina

il reportage
Alcune foto d’epoca sono sparse su di un tavolo all’interno degli uffici della Società velica Barcola Grignano. «Assieme allo studioso Patrick Karlsen e a un gruppo di soci storici, tra cui Giorgio Verginella e il comandante Sandro Chersi, stiamo eseguendo un lavoro di scavo nelle memorie della società – spiega il presidente, Mitja Gialuz –. Lo scopo è quello di ricostruire nomi e volti di tutti coloro che hanno contribuito a costruirla».
Era il 20 dicembre 1968, «un anno che ha cambiato la storia», quando undici soci fondatori firmarono l’atto costitutivo della società velica di Barcola. «L’obiettivo era rendere la vela accessibile. Basti pensare che i fondatori sono due impiegati, due commercianti, due meccanici, un ferroviere, un portuale, un insegnante, un imprenditore edile e un medico. Ma quello di essere una società popolare è un tratto genetico che la Svbg ha mantenuto». Il segno dei tempi è ancora visibile sul guidone, disegnato dalla figlia di uno dei fondatori, che raffigura il simbolo della pace, in orizzontale. «Il nucleo originario era formato da una trentina di persone in tutto – prende la parola Verginella – che avevano passere lussiniane, gozzi: barche un po’ strane, quasi tutte in legno. L’anno dopo si sono aggiunti i moli di Grignano. Non avendo una sede, ci trovavamo alla trattoria Miramare. Primo presidente era “Giuseppe “Pino” Tromba. Poi gli è succeduto Albano Zini, che ha iniziato a ospitarci nella taverna della sua casa di viale Miramare. Siamo arrivati qui, nella sede attuale che sarà stato il 1977-’78».
Nel 1969, l’anno successivo, si fece strada l’idea di organizzare una regata, anche perché «era necessario per l’iscrizione alla Fiv produrre attività sportiva – prosegue lo storico socio –. Siamo andati a chiedere all’Adriaco e alla Triestina della vela come dovevamo fare, non lo sapevamo. Ci hanno messo la seconda domenica di ottobre, per ultimi nella stagione sportiva, nell’unico buco rimasto libero. Elio Parladori, direttore sportivo della prima edizione, curava le iscrizioni nella cantina di Zini. Ma da subito è stato un successo, con 47 scafi iscritti: i dirigenti Fiv erano increduli».
«Per imparare a organizzare le regate – aggiunge Gialuz – successivamente andarono da Tullio Sain, alla Svoc di Monfalcone: una società affine, dal momento che nasceva dai cantieri, ma che aveva già campioni del calibro di Adelchi, Annibale e Mauro Pelaschier». Interviene il comandante Chersi: «Sapete qual è stato il segreto nel ’69? “Hai una vela?”. “Sì ma la go de straza”. “Vieni lo stesso”. Così si è passati dall’élite alla marineria».
L’albo d’oro inizia nel 1973, anno della vittoria di Mauro Parladori nel campionato italiano snipe juniores. Seguono i successi sportivi di Diego Paoletti, di Sandro Chersi, dei fratelli Benussi. Ma «la generazione di campioni è quella formatasi con gli optimist all’inizio degli anni Ottanta». Ancora i fratelli Benussi; Lorenzo Bressani; Michele Paoletti che è «l’unico velista triestino ad aver partecipato sia alle Olimpiadi sia alla Coppa America»; Stefano Spanghero; Andrea Visintini, che «ormai solca i mari di tutto il mondo con equipaggi americani»; Alessandro Bonifacio, che nel 1988 ha vinto il primo titolo europeo della Svgb e poi assieme a Mitja Gialuz il mondiale juniores 1993.
Oggi l’attività agonistica riguarda le classi optimist, laser, 420 e 470. Gli optimist sono allenati da Stefania Favretto e Dragan Gasic «che l’anno scorso ha festeggiato i trent’anni di attività: gli abbiamo organizzato una festa a sorpresa con tutti gli allievi avuti negli anni, c’erano 150 persone. Le altre classi sono seguite in collaborazione con il Sirena». Francesca Russo Cirillo, Alice Linussi, Cecilia Fedel e Maria Vittoria Marchesini, già campionesse nel 420, si apprestano a partite per il mondiale juniores 470 a Bracciano e puntano alle Olimpiadi di Tokyo 2020.
Oggi la sede al civico 32 di viale Miramare ospita ufficialmente 620 soci, di cui 585 ordinari e 35 allievi. È dotata di un bar-ristorante, di una saletta per le riunioni e di una sala polifunzionale con impianto stereo e proiettore; qui si trovano inoltre gli spogliatoi, gli uffici e l’aula “Pino Prinz”, dedicata alla scuola di vela. Quest’ultima registra ogni anno circa 150 alunni: solo nel 2018, sono 147. È convenzionata con il Wwf, per far conoscere ai ragazzi il mare dal punto di vista ambientale, e con la Scuola internazionale di Trieste per impartire loro lezioni d’inglese, grazie a un’iniziativa del direttore sportivo Alessandro Bonifacio. «La scuola è fondamentale – afferma Gialuz – perché non trasmette solo saperi tecnici, dai nodi ai modi di navigare, ma ha una connotazione pedagogica: andar per mare è scuola di vita. A otto anni su di un optimist bisogna imparare ad aspettare il vento, e quindi la pazienza, l’autocontrollo, il rispetto per la natura».
«Appena nata la Svbg, avevamo allacciato un tubo per portare l’acqua corrente lungo tutto il molo. Da lì tutti hanno iniziato a chiamarci la “società del tubo”», racconta il comandante Chersi, che è anche presidente dei Cicci nonché memoria storica della società, tanto da presiedere l’advisor di bordo. «Ancora oggi io e il signor Verginella tra di noi ci domandiamo: “come semo rivai a far tuto questo co la nostra testa?”. Ebbene, io sostengo che il brainstorming l’abbiamo inventato noi, non gli americani: di tante che ne sparavamo ogni mattina, parlando, qualcuna veniva recepita – continua –. Scherzi a parte, la verità è che abbiamo sempre avuto la fortuna di trovare delle persone con una visione di ampio respiro. È il caso del giornalista Fulvio Molinari, che negli anni Settanta ha partecipato ai corsi di vela e ha preso a cuore la società, tanto da sostenerla in prima persona per farci ottenere in concessione gli spazi. Un altro riconoscimento per me è stato quello di un velista conosciuto in mare, Antonio di Trani. Tanti anni fa lo invitai alla Barcolana: non appena ebbe attraccato e messo piede sul molo Audace, mi disse: “Sandro mi sento a casa”. È un ricordo cui tengo molto». –
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