Quanto di lotta e quanto di governo

Analisi post voto: la vittoria della Lega e i suoi effetti nel breve termine
Deputy Premier and Interior Minister Matteo Salvini of League Party during a press conference in Milan, 26 May 2019. The European Parliament election is held by member countries of the European Union (EU) from 23 to 26 May 2019. ANSA/FLAVIO LO SCALZO
Deputy Premier and Interior Minister Matteo Salvini of League Party during a press conference in Milan, 26 May 2019. The European Parliament election is held by member countries of the European Union (EU) from 23 to 26 May 2019. ANSA/FLAVIO LO SCALZO

TRIESTE Di governo e di lotta: almeno verbale, dialettica, via social o nelle piazze infinite di un Paese che oggi è suo. Come 5 anni fa sembrava essere di Renzi e un anno fa di Di Maio. Salvini ha compiuto un capolavoro storico nella politica italiana: trasformare una forza nata localista e cresciuta funzionale al berlusconismo in un partito nazionale, capace di dominare il Nord (metropoli e qualche città a parte), conquistare il Centro, dove si erano rintanati i resti della sinistra, e imporsi anche al Sud, in quel Sud schifato alle origini e oggi invece terra adorata di pellegrinaggi tra folle festanti. Un’impresa. Che ora vivrà il passaggio cruciale: o consolidarsi come riferimento stabile dell’intera area moderata e di destra italiana, oppure andare a sbattere sugli scogli innalzati con sistematica e improvvisa frequenza dalla ricerca del consenso mobile.

L’operazione finora è riuscita perché la Lega sa essere insieme, come nessuno mai, forza di governo e ancora di lotta: puntando tutto sulla mano, decisiva nell’immediato, della sicurezza e del no ai migranti; mostrando o facendo percepire risultati in questo senso, indipendentemente dai reali effetti positivi per i destini del Paese; lasciando ai partner di governo la patata bollente dei temi economici, salvo reclamare meno tasse; agitando lo spettro dei non meglio definiti poteri forti (e dell’Europa da cambiare) come fonte di ogni complotto che vieta di realizzare tutto quanto promesso. Oggi ci si chiede se e come terrà il governo Conte dopo il voto di domenica: ma Salvini stando al riparo nel suo porto (chiuso, certo) può godersi la tempesta perfetta in cui ha spinto a navigare alleati e avversari.

Alzerà la posta su alcuni dossier che ha a cuore, ma senza rompere il patto; lo minaccerà qua e là, evocando ai 5 Stelle il possibile ricorso al secondo forno, quel centrodestra che lui sta svuotando e che col rosario in mano lo implora di volgere lo sguardo, come un Padre Pio o una Madonna; non chiederà più poltrone, come ha subito detto in tv dopo il trionfo: se le prenderà, almeno quelle che gli interessano o fanno comodo, perché è il più forte e punto; guarderà il Pd cercare di riannodare il filo con i ceti medi e i nuovi poveri, continuando a indicarlo come unico vero nemico o a sbeffeggiarlo come enclave radical chic di un establishment che in realtà sta abbondamente traslocando dove batte il sole del nuovo avvenire; ignorerà le accuse di sdoganamento e coltivazione del post fascismo latente nella società, un po’ perché intimamente in sintonia, più semplicemente perché ha visto che alle urne non si paga dazio sotto il peso di tali condanne (anzi...); aspetterà l’autunno della manovra senza intestarsi la responsabilità di bilanci, tagli e rincari: tanto più che nella nuova Europa la sua voce rimarrà isolata, incapace di incidere davvero su un cambiamento che, al di là della relativa avanzata sovranista, i popoli hanno democraticamente detto di intendere in modo diverso da lui. Questo può bastare, per un po’.

Ma proprio quell’elettorato mobile che da qualche elezione fa la differenza potrebbe esigere (come già fatto con altri) il pagamento della cambiale. Oppure la base acquisita del consenso leghista potrebbe iniziare a disilludersi, se ai proclami e alle tattiche di smarcamento non si accompagneranno o sostituiranno i fatti.

Quanto di lotta e quanto di governo, dipenderà tutto da quello. E anche da come, certo: perché prima o poi bisogna uscire dal porto e una rotta sceglierla. —
 

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