Quando Guardiella vedeva transitare 24 treni al giorno

Oggi la stazione di Guardiella è abitata da tre famiglie di ferrovieri e del suo nobile passato resta scolpito solo il nome sulla facciata di pietre.
Entrambi i lati del cancello che sorveglia via Masaccio portano scritto “Proprietà privata Fs”. Oltrepassato il guardiano di ferro, ti immergi in un’oasi di quiete lungo un sentiero. Dopo una manciata di minuti a piedi - sulla sinistra - immerse in una cortina di verde, affiorano la tipiche staccionate di cemento delle Ferrovie. Poco meno di un centinaio di metri e, al numero 15 della stradina, si disegna la stazioncina di Guardiella, ennesimo luogo-simbolo della perduta storia ferroviaria di Trieste.
Il piccolo fabbricato venne eretto nel 1906 a servizio della linea Transalpina, le cui rotaie vi corrono ancora davanti. Rozzol-Montebello e Guardiella furono le due stazioni d’incrocio fra Campo Marzio e Opicina. Nel 1937 la Transalpina venne elettrificata e ai tre binari di Guardiella, venne aggiunto un quarto. Poi, come accadde a Rozzol-Montebello, il servizio viaggiatori venne soppresso nel primo dopoguerra. Data al 1959 invece la chiusura definitiva della stazione e lo smantellamento dei binari, di cui è rimasto solo quello di corsa, solcato più di mezzo secolo dopo da rarissimi convogli merci. Il confronto con gli orari del 1914 è impietoso. «Prima della Grande guerra – osserva l’ingegner Roberto Carollo del Museo ferroviario - sulla strada di ferro che serve la stazioncina transitavano 24 treni al giorno: 12 diretti da Campo Marzio a Vienna e altrettanti nel verso opposto. Oggi, nessuno».
Carollo, per una vita dirigente del settore nuove costruzioni delle Fs, ricorda che «Campo Marzio è l’unica stazione rimasta al servizio del porto di Trieste, ma ciò non è bastato a salvare la tratta della Transalpina che comunica con Opicina». Non solo. Come osserva l’ingegnere, «un qualsiasi problema a Bivio d’Aurisina potrebbe essere risolto solo col dirottamento dei treni per Trieste attraverso il Carso fino al terminal sulle Rive».
A ridosso della stazione di Guardiella, ti perdi in un universo ferroviario dimenticato. Tra le enormi fronde verdi di cui è coronata via Masaccio, sorgono altri due edifici di pietra abitati da ferrovieri. Quando la stazione era in funzione, nei due fabbricati alloggiavano addetti al movimento treni e alla cura del materiale rotabile. Anni in cui, a bordo dei biscioni di ferro, scendevano dal Carso contadine cariche di latte fresco di giornata che vendevano casa per casa, a Longera e San Giovanni. Oggi la linea Campo Marzio-Opicina è ridotta a un’immensa strada di silenzio. Al macero un lavoro monumentale austriaco di gallerie, binari con curve da autodromo, salite vertiginose (fino al 25 per mille) e viadotti con vista pazzesca sul golfo di Trieste. Il tratto italiano della Transalpina è stato così soffocato e uno dei due terminal, anziché sorgere a Campo Marzio, è ora arretrato a Sezana.
Narrano inoltre che, fino ai primissimi anni Cinquanta, c’era un binario che collegava Guardiella con Cava Faccanoni: il pietrisco arrivava alla stazioncina su treni merci e, da qui, prendeva la strada dello Stivale o del Vecchio Continente. Vista la pendenza mostruosa del percorso, il miracolo di quell’opera resta tuttora un mistero.
Percorrendo il binario in direzione Campo Marzio, fiuti un’altra pista franata nell’abbandono. All’imbocco della galleria Revoltella - distante un campo di calcio o poco più da Guardiella - sorgono le rovine di un fabbricato perduto, una volta adibito all’aspirazione fumi delle locomotive a vapore. Venne costruito dall’Impero con l’aumento del traffico ferroviario, per far fronte al relativo potenziamento delle locomotive. Le bestione in salita facevano una fatica tremenda, producendo molto vapore e questo doveva essere espulso dalla galleria per non “tapparla”. Un ennesimo cimelio condannato a morire.
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