«Quando giocavo nel parco con le figlie di Amedeo d’Aosta»

Per un quarto di secolo la sua casa è stata il Parco di Miramare. Da piccolo amava giocare a nascondino con le figlie del Duca Amedeo di Savoia-Aosta, e rubare con l'occhio i trucchi del mestiere del padre giardiniere. Negli anni ha visto lo sfarzo del gioiello asburgico di Trieste cadere di colpo con il sopraggiungere dell'arrivo dei nazisti, l'imprigionamento del padre al Coroneo da parte delle Ss e la successiva occupazione degli americani. Dopo la guerra, la rinascita, la sofferta uscita di scena, sino ad arrivare alla straziante situazione di oggi. Nato a Ovada, in provincia di Alessandria, ma triestino da sempre, Pellegrino Pellegrini oggi ha 83 anni. Nonostante i grossi problemi di deambulazione, il cervello funziona come un orologio svizzero. E lo scandire dei suoi 25 anni di storia di Miramare è come spalancare le porte e tuffarsi nel passato.
INFANZIA Nel settembre del 1932, il 34enne Primo Pellegrini, dopo essere stato capo giardiniere in un grande albergo nell'Alessandrino, viene incaricato dalla ditta Capecchi di Pistoia di recarsi a Trieste con un ruolo ben preciso: occuparsi della manutenzione del parco di Miramare e della costruzione della parte alta dell'area verde sita tra le due gallerie. «Mio padre contribuì ad ultimare il parco costruendo le scalinate, i parapetti e dando vita ai prati lì dove una volta c'erano i pastini», ricorda Pellegrino. Ultimati i lavori Primo diventa ufficialmente direttore della parte verde di tutta l'area. «All'epoca c'erano cinque custodi che monitoravano i quattro ingressi esistenti: nelle scuderie, a Grignano, nella stazione dei treni e nella strada costiera tra le due gallerie. Custodi che avevano le rivendite di tabacchi e cartoline proprio agli ingressi». La madre di Pellegrino, Pierina, anche lei toscana di Montecatini come il marito, contribuisce a curare l'azienda occupandosi delle divise, della casa e intrattenendo i rapporti con i custodi. «Noi abitavamo sopra le due gallerie, un appartamento con sei stanze, un garage enorme con i carri dell'azienda e lo spogliatoio dei custodi. E finché c'era il Duca c'erano anche quattro stanze per i questurini che lo sorvegliavano». Il Duca in questione è Amedeo di Savoia- Aosta, che su indicazione del Governo italiano, dal 1930, ottiene come residenza il Castello di Miramare. «Ricordo che un giorno il Duca mi chiese se ero Pellegrino e poi mi salutò calorosamente. Sovente giocavo a nascondino con le due figlie: Margherita, un anno più piccola di me, e Maria Cristina». Il Duca dimorerà nel Castello dal 1931 fino al 1937, anno in cui riceve la nomina di vice re d’Etiopia, mentre la moglie Anna d’Orléans e le figlie continuano ad abitarvi fino alla prima metà del 1943. Crescendo Pellegrino si avvicina sempre più al lavoro del padre.
ADOLESCENZA «Durante il periodo estivo andavo in giro per il parco con i giardinieri, nel pomeriggio si chiacchierava, e spesso mi trovavo alle serre. Facevo le semine, i rinvasi, seguivo i lavori a cavallo, un bel lipizzano, con un carretto. Dopo i 14 anni poi - prosegue Pellegrino - venivo spesso in città per vendere ai fiorai il lauro per le corone e varie piantine». In base al contratto la superproduzione di Miramare può essere legittimamente venduta: talee, alloro, lauroceraso, piante da fiore, fiori di maggio, oleandri. Ma non solo. Poi creavamo quotidianamente il calendario sul piazzale di Massimiliano, vicino a un'aiuola a forma di coccodrillo, costruendo anno, mese e giorno con le cassette di legno e piantine rosse e verdi: alle 7.30 si toglieva quello del giorno precedente installando quello nuovo. Alle 8 il pubblico che entrava aveva il calendario aggiornato».
LA GUERRA Il 10 giugno 1940 l'Italia entra ufficialmente nella Seconda Guerra mondiale al fianco della Germania di Adolf Hitler. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 le truppe militari tedesche arrivano a Trieste e nel Castello di Miramare viene creata una scuola per ufficiali nazisti, mentre l’arredo viene rimosso e custodito in vari edifici cittadini. «Ricordo che al loro arrivo i tedeschi dissero che volevano passare con i cingolati sul parterre all'italiana, ma dopo tanto lavoro diplomatico riuscimmo a farli desistere da tale scempio». La vita cambia repentinamente: «Nella villa vicino alla stazione venne creato un deposito della Kriegsmarine (Marina militare), nelle scuderie si insediarono diversi militari, mentre nel parco fu costruita una postazione antisbarco, credo antiaerea. Nel parco vennero a vivere i custodi del castello». Il 21 aprile 1945 il padre di Pellegrino viene arrestato. «La sera prima, all'interno del Castello, venne indetta una grande festa per il 56emo genetliaco di Hitler. Si ritrovarono alle 22 ma durante i brindisi si accorsero che una pistola era sparita. Il giorno dopo fecero dei controlli nelle case, anche nella nostra, e in soffitta trovarono una cassetta di idranti e valvole, al cui interno si celava una vecchissima pistola a tamburo, tutta arrugginita. Il presunto corpo del reato costò a mio padre il trasferimento al Coroneo, a disposizione delle Ss». Per Pellegrino è un colpo durissimo: «Ricordo che eravamo spaesati, anche perché lui era il fulcro della famiglia. Mia mamma era in lacrime. Non sapevamo proprio cosa fare». Il primo maggio Primo viene liberato e torna a Miramare. Intanto nel Castello si sono insediate le truppe neozelandesi, a cui succedono quelle inglesi e per ultimi gli americani, che vi rimangono dal 1951 fino al 1954.
RIAPERTURA Nel marzo 1955 il Parco viene riaperto al pubblico e per la prima volta il parterre all'italiana e il lago dei cigni sono accessibili a tutti. «Dopo la fine della guerra ci demmo da fare creando una fascia con bordura di circa un metro con piantine fiorite in base alle stagioni: tulipani, viole del pensiero, miosotis, nontiscordardime, bellis, begonie, petunie, salvia splendens e impatiens (nisette), posizionate tra la strada e il prato all'ingresso. Al centro del prato c'erano varie aiuole: dalia, canna indica, e varie piante fiorite, come oleandri, forsizia, ginestra, fiori di maggio. Il prato veniva tagliato sino a cinque volte all'anno. Raccolta l'erba questa veniva dato come fieno a un cavallo che poi utilizzavo per andare in città per recuperare la sigarette al monopolio di Stato, alla torre del Lloyd». Nel 1951 Pellegrino consegue il diploma da ragionerie e vince poi un concorso nella pubblica amministrazione legato al Ministero del Tesoro, settore in cui opererà sino al 1992. Pur continuando a dare sempre una mano ai genitori.
SGARAVATTI Nel 1957 a Miramare subentra la famiglia Sgaravatti. «Il nostro contratto era scaduto, la ditta Capecchi chiese l'aumento del canone e volevano lasciare il tutto alla Sovrintendenza ai Beni culturali. Per mio padre invece era un onore la manutenzione del parco tanto che disse che vendendo la sovrapproduzione e mantenendo i contatti con Pistoia per fare arrivare in città piante particolari il tutto si sarebbe sistemato, senza dimenticare che poi facevamo anche la manutenzione di giardini esterni». Capecchi però non vuole saperne. «Con la gestione Sgaravatti sono stati mandati via falegname, fabbro, vetraio, idraulico e giardinieri. Circa una ventina di persone che gravitavano nel Parco. Ma non solo. Le bordure, così variopinte con noi, sono state sostituite impiantando delle rose che possono essere utilizzate come aiuole, ma certo non per delle bordure». La venticinquennale esperienza di Pellegrino a Miramare si conclude nel 1957 quando la famiglia lascia il parco per costruire delle serre (tuttora esistenti) in via della Mandria, a Barcola. Nel 1969 a 71 anni scompare Primo Pellegrini. Il figlio, una volta in pensione, proseguirà l'attività paterna sino al 2002.
OGGI «Ho visto le immagini di Miramare sul Piccolo: sono a dir poco strazianti». Da circa due anni, per motivi fisici, l'83enne non si reca più nei suoi luoghi d'infanzia. Ma ha le idee molte chiare in merito. «Escludendo il volontariato nel modo più assoluto, sono convinto che ci vogliano esperti per la manutenzione di un parco: bisogna saper vangare la terra, essere precisi. Non serve collaborare, ma decidere». Da qui la proposta: «Ci vogliono due responsabili, uno per castello e scuderie, uno per la manutenzione del parco. Inoltre ci vuole una ditta specializzata che per 10 anni si occupi di Miramare, meglio se al suo interno vi sia un dottore in agraria. E vicino a lui due capo giardinieri. Ci vuole un grande investimento iniziale, necessario però per poter ridar vita a questi luoghi che per me, e per tantissimi triestini, sono e rimarranno sempre magici».
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