«Qualcuno aveva interesse a vendicarsi su Maks»

Don Francesco Voncina, all’epoca vicario episcopale per la comunità slovena: «Sapevo, non ci avevo dato peso. Cose più gravi dietro a questa storia»
Don Suard durante una funzione
Don Suard durante una funzione

«Quando ho letto il giornale ho intuito che sareste arrivati a me e che avreste fatto il mio nome…». Sembra guardare altrove, don Francesco Voncina. Seduto a un tavolo della canonica di Roiano, cerca le parole giuste per spiegare perché, molti anni fa, non aveva preso alcun provvedimento per il prete pedofilo. Voncina è il sacerdote che qualcuno aveva avvisato delle “attenzioni” che nel lontano ‘97 don Maks Suard riservava a una tredicenne. Lei, oggi trentenne, a diciassette anni di distanza ha deciso di denunciare tutto al vescovo Giampaolo Crepaldi e ai carabinieri.

Molestie o veri e propri abusi, che la donna avrebbe portato a galla in questi giorni per proteggere una bambina. Una sua parente, che si sarebbe trovata a scuola come insegnante di religione proprio il prete di cui lei era stata vittima in passato. La vicenda si è chiusa nel modo più tragico martedì, con il suicidio del sacerdote a Santa Croce davanti agli occhi del vescovo Giampaolo Crepaldi. Ha trovato lui il corpo, con due lettere in cui Suard domandava perdono. Don Voncina quella volta sapeva qualcosa. Non lo nasconde affatto, ora che il cerchio si stringe attorno al clero della comunità slovena. Adesso che da quella fine così drammatica sembra celarsi altro: vendette, ricatti? Che coinvolgerebbero la vittima, forse, e la comunità slovena. Questa storia sta diventando un enigma.

Voncina, 77enne, all’epoca dei fatti era il Vicario episcopale per i fedeli della minoranza. «Maks a S.Antonio in Bosco era mio cappellano...», ricorda. Ha nella mente il suo sacerdote, allora trentenne fresco di ordinazione, con un misto di tristezza e mistero: «Mi chiedo come mai il caso sia venuto fuori adesso.

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Perché proprio ora…». Frasi buttate lì, frasi spezzate, che lasciano intendere altro. Dell’altro ci sarebbe, almeno secondo i suoi sospetti, ma prima va chiarito il suo ruolo in questa triste storia. Voncina non scansa la domanda più difficile: perché, se era a conoscenza di ciò che faceva un suo prete, non aveva mosso un dito? «Non ho mai notato situazioni particolari», ribatte l’anziano sacerdote.

«È successo molto tempo fa... una mattina, dopo la messa, mi si è avvicinata una persona che mi ha avvisato di stare sull’attenti. E così ho fatto. Potrebbe darsi che Maks abbia avuto uno scivolamento, ma non ho constatato altre trasgressioni. Se avessi constatato altro, avrei agito. Io non ne ho parlato con nessuno e non mi rimprovero di non averlo fatto perché non c’era una denuncia». «E chi mi ha parlato non ha saputo dirmi cose precise – scandisce don Voncina – e quindi avevo pensato che fosse inutile accusare un prete prima di verificare di cosa si trattava. Per questo non lo avevo detto nemmeno al vescovo Ravignani».

Cosa ha spinto ancora il sacerdote della minoranza slovena a scegliere il silenzio? «Sa – osserva – chi mi ha parlato lo aveva fatto in modo riservato…» La riservatezza di un colloquio personale con qualcun altro che aveva visto o capito. «Ma alla riservatezza adesso non sono più legato e se le cose venissero fuori parlerò parecchio. Ma lasciamo stare questo… Se il giudice mi porta in tribunale parlerò. Ora no».

Voncina allontana un’immagine buia e il suo volto si fa scuro. Dalla chiacchierata, che si prolunga per 43 minuti, fa capire che accanto al caso di pedofilia, ci sarebbe altro: regolamenti di conti. Il prete sloveno sa bene chi è la donna abusata 17 anni fa. «Ma non intendo parlare con lei, perché c’è qualcos’altro ancora – insiste – di più grave e recente, ma non dalla parte di Maks. C’è qualcosa dietro», ripete a fatica. Non vuole rivelare cosa. «C’è, attualmente, e chi deve indagare indaghi». Altri episodi di pedofilia? «No... Non si tratta di atti sessuali, ma interessi. Perché la ragazza ha aspettato fino a oggi per denunciare? Perché ha una nipotina lì? È una scusa».

Poi don Voncina si lascia andare a una mezza accusa: «Qualcuno ha avuto interesse a vendicarsi su Maks». Un lungo momento di silenzio. «Si è tolto la vita anche per ingiustizie che ha subìto da qualche persona».

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