Putin, segnali di fumo all’Ue: «Serve convivenza europea»
KRANJSKA GORA. Discusso, criticato ma anche amato fino all’adorazione, il presidente della Russia Vladimir Putin ha sfoderato tutto il suo carisma sulle pendici del passo del Vršic, sopra Kranjska Gora, in Slovenia, tanto da meritarsi un’ovazione da rock star al suo arrivo ieri pomeriggio davanti alla cappella che ricorda la morte di 260 soldati russi prigionieri nella prima Guerra mondiale e che sono stati travolti nel 1916 da una valanga proprio mentre costruivano i tornanti del valico che sarebbe stato poi adoperato per i rifornimenti al fronte dell’Isonzo.
È stato un momento di profonda commozione collettiva la celebrazione del centenario dell’edificazione della cappella, costruita dai commilitoni russi sopravvissuti alla tragedia, ma anche l’occasione che ha permesso a Putin di lanciare precisi segnali all’Unione europea che da poche settimane ha deciso di prolungare il regime di embargo commerciale nei confronti di Mosca a causa dell’invasione della Crimea e per il coinvolgimento nella rivolta delle regioni orientali dell’Ucraina. La chiave del messaggio di Putin sta nel finale del suo breve discorso commemorativo.
«Ringrazio tutti gli sloveni - ha detto - per il rispetto che hanno avuto e che hanno della nostra storia e del nostro popolo, ma vorrei anche ringraziare questo spirito - ha precisato - perché solo sull’unitarietà dell’Europa si può costruire la convivenza». E come se non bastasse, il concetto “europeista” è stato ribadito anche dall’intervento (non previsto dal protocollo) del metropolita russo Ilarion, responsabile della politica estera del Patriarcato di Mosca. Dopo la benedizione ha rimarcato la fratellanza che esiste tra il popolo russo e quello sloveno.
«Gli sloveni - ha affermato - saranno sempre nostri fratelli come lo sono tutti i popoli slavi e dell’intera Europa», messaggio che porta l’imprimatur del Patriarca delle Russie, Kiril e che è stato ascoltato anche dagli arcivescovi di Lubiana, Stan Zore e da quello di Maribor, Alojzij Cvikl. Un altro passo, dicono i vaticanisti, verso la volontà ecomunica fin qui espressa da Papa Francesco e dallo stesso Patriarca Kiril. Ma estremamente indicativo è stato anche un altro passo del discorso di Putin, laddove ha sostenuto che cento anni dopo la Prima guerra mondiale si può ancora ricordare il tragico fatto del Vršic «grazie anche alla Chiesa cattolica, a quella ortodossa e ai musulmani». Insomma uno “Zar”, a sua volta, estremamente ecumenico.
Egli però non ha perso occasione per bacchettare indirettamente la Polonia che poche settimane fa ha deciso la distruzione di tutti i monumento sovietici compresi quelli dedicati ai militari russi caduti nella Seconda Guerra mondiale. Emblematiche le sue parole che hanno fatto seguito a un esplicito «Grazie Slovenia» che ha scatenato applausi a scena aperta dei 2.600 presenti all’evento, rigorosomente blindato da imponenti forze di sicurezza e con gli F-16 statunitensi che controllavano lo spazio aereo sloveno. Ricordando l’inaugurazione che sarebbe avvenuta al cimitero di Lubiana di Žale, sul far della sera, del monumento ai soldati russi (anche se sarebbe meglio usare il termine “sovietici”) caduti in Slovenia nel corso delle due guerre mondiali, ha ribadito che «il monumento sarà il simbolo affinché la storia non si ripeta, quella storia che ha provocato la morte di milioni di persone». «E lavoriamo - ha detto Putin - perché bisogna stimolare la convivenza e la sicurezza in tutta l’Europa».
«Il mondo intorno a noi sta cambiando - ha sostenuto invece il presidente della Slovenia, Borut Pahor - guerra e pace non sono più le stesse di prima, oggi c’è il terrorismo che sta insidiando nazioni tradizionalmente sicure». «Le tragedie in Francia, Belgio, Germania - ha proseguito - non sconfiggeranno però la nostra scelta d pace. Il problema del terrorismo sta nella sua crudeltà, nella sua follia, nel suo non avere un fine politico ed è proprio questa irrazionalità la novità che non permette il dialogo». «E noi - ha concluso riferendosi all’Europa - riusciremo ad arginare questa follia solamente se saremo in grado di mettere da parte tutti i dissapori e le incomprensioni che ancora ci sono tra di noi per riuscire a parlare un linguaggio comune, finalmente uniti nel dialogo (ripetuto tre volte da Pahor)».
Putin ascolta attento. Ha parlato di pace e fratellanza europee in un Paese europeo, a pochi passi da quei Balcani dove ancora la sua Russia si fronteggia con gli Stati Uniti in una nuova “guerra fredda” geopolitica. Missione compiuta.
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