Pugno duro di Budapest sul dissenso vietate le manifestazioni anti-Orban

BELGRADO Immaginate una città europea, Roma, Madrid o Parigi, che decidono di vietare ogni tipo di raduno o manifestazione anti-governativa nei luoghi-simbolo delle proteste, che siano San Giovanni, la piazza della Puerta del Sol o gli Champs-Elysées, per buona parte dell’anno. O almeno durante le festività nazionali, quelle generalmente scelte per convincere a scendere in strada più gente.
Permettendo invece, in quei giorni, solo eventi organizzati dal governo o raduni a sostegno di chi detiene il potere. Difficile farlo, ma è quanto potrebbe succedere molto presto nell’Ungheria di Viktor Orban, da anni all’avanguardia in Europa nel gettare sul tavolo proposte controverse, dal retrogusto illiberale.
SPINA NEL FIANCO
L’ultima della serie mira a cancellare dalla vista l’ultima spina nel fianco dell’esecutivo, la rabbia della piazza, osservata più volte in passato con grandi manifestazioni anti-governative, in difesa della società civile, per la libertà di stampa o contro lo strapotere del Fidesz alle urne. Manifestazioni che si svolgevano nel cuore di Budapest, sul lungofiume del Danubio o nella piazza Kossuth Ter, davanti al Parlamento. Zone che in futuro potrebbero diventare off-limits, se – com’è nelle previsioni – passerà nei prossimi giorni al Parlamento un emendamento alle norme sulla protezione del paesaggio cittadino.
I MEDIA
Emendamenti, hanno denunciato media locali come Index e Atlaszo, che hanno elencato le possibili aree vietate. La piazza Kossuth sarà off-limits «durante tutte le festività pubbliche», praticamente «per un sesto dell’anno». Le «rive del Danubio» il 20 agosto, il Museo nazionale e vie adiacenti «il 15 marzo e il 23 ottobre» e la lista continua. In tutto, tenendo conto del numero di feste nazionali e delle proteste registrate negli anni passati, un’ottantina di manifestazioni potrebbero non tenersi più – o essere relegate in aree periferiche – evitando a Orban il mal di testa di «98mila persone in piazza» solo a Budapest, ha calcolato Atlaszo.
VOCI INDIPENDENTI
Ma non c’è solo la capitale. Se le norme fossero applicate anche in città minori, vietando assembramenti «in una o più strade importanti, la libertà di assemblea sarebbe praticamente eliminata», ha aggiunto il portale indipendente, ricordando che gli emendamenti sono già stati dibattuti in Parlamento il 21 novembre, potrebbero ricevere luce verde a metà dicembre ed essere attuati dal maggio 2019. Nel frattempo, vari partiti d’opposizione hanno già affilato i coltelli. L’estrema destra di Jobbik, che sta cercando di trasformarsi in partito di destra moderato, ha parlato di «un esercizio bolscevico di potere», ha informato il portale Index. Durissima anche la Coalizione democratica, che ha denunciato la chiara violazione del diritto di manifestazione e assemblea e di una proposta che mina e riduce i diritti umani fondamentali.
IL DISSENSO
Si sta tentando di «chiudere gli spazi pubblici» più importanti «al dissenso», ha rincarato la Hungarian Civil Liberties Union. Di certo, le future regole «verranno contestate davanti alla Corte costituzionale ungherese e alla Corte europea dei diritti umani», ha anticipato Atlaszo. Ed è realistica l'apertura di un nuovo fronte caldo, tra l’Unione Europea sempre più alla ricerca di u anima politica e Budapest.—
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