Psicodramma Pdl sulle firme pro Silvio in Fvg

Saltati tutti gli schemi previsti dallo statuto. Trieste moltiplica i delegati al consiglio nazionale. E Blasoni “dimentica” Tondo
Di Marco Ballico
Udine 18 Aprile 2013. Comizio Silvio Berlusconoi a sostegno di Renzo Tondo per regionali del Friuli Venezia Giulia. Telefoto copyright Ag. Petrussi / Diego Petrussi
Udine 18 Aprile 2013. Comizio Silvio Berlusconoi a sostegno di Renzo Tondo per regionali del Friuli Venezia Giulia. Telefoto copyright Ag. Petrussi / Diego Petrussi

TRIESTE. La raccolta di firme sul documento per Silvio Berlusconi e il ritorno azzurro ufficializza lo psicodramma pidiel-forzista. Da un lato alcune pesanti defezioni del predellino: di Renzo Tondo, di Isidoro Gottardo, di Alessandro Colautti. Dall’altro la moltiplicazione dei forzisti. Soprattutto a Trieste, dove a firmare per il Cav sono non solo gli aventi diritto da statuto del Pdl (5) ma anche gli “scattisti” che al ritorno azzurro credono da mesi. Il capoluogo regionale, con qualche altra acrobazia, si ritrova così con 10 firme su un totale di 25 nomi e cognomi consegnati da Sandra Savino e Massimo Blasoni a Denis Verdini. Quelle della parlamentare e dell’ex consigliere regionale che si era preso una pausa dalla politica sono solo una parte delle firme. Innanzitutto manca chi non ha voluto aderire, non quando la vicenda si è trasformata in una conta: non compaiono Gottardo, Paride Cargnelutti, Alessandro Colautti, Bernabò Bocca e, a Trieste, Paolo Rovis e Claudio Grizon, mentre il nome di Giorgio Ret è scomparso da una prima lista circolata. Ma, altra sorpresa, non c’è nemmeno la sigla di Tondo. Il motivo è semplice: non gliela sono andati a chiedere (pare che Verdini se ne sia stupito non poco), ma Blasoni minimizza: «Non ce n’era motivo, Tondo aveva già firmato in Ufficio di presidenza per il ritorno a Fi. Il documento è lo stesso».

Il risultato è che le firme Fvg non sono unitarie. Assieme a quelle Savino-Blasoni, viaggiano verso il partito nazionale anche le raccolte della componente ex An di Trieste (Sergio Dressi, Fulvio Sluga e Massimo Romita), quella goriziana coordinata da Ettore Romoli e, a quanto pare lunedì, per canali diversi, arriveranno pure le adesioni di Tondo e Colautti. «È stata una inutile prova muscolare – commenta il capogruppo del Pdl –. Dopo la presenza e la firma di Tondo in Ufficio di presidenza, si sarebbe potuto agire in maniera compatta. A scanso di equivoci, ho già prenotato l’aereo per Roma il 16 novembre». Eppure ci sarebbe uno statuto, quello del Pdl. Che fissa le regole e chiarisce che la lista dei consiglieri nazionali Fvg chiamati al voto dovrebbe essere composta dai membri dell’Ufficio di presidenza (appunto Tondo), dai parlamentari eletti in regione, coordinatori e vicecoordinatori regionali, coordinatori provinciali, consiglieri regionali, sindaci di comune capoluogo, capigruppo e vicecapigruppo dei consigli provinciali e comunali dei capoluoghi di regione, dal coordinatore regionale dei giovani. Parrebbe un passaggio automatico e invece nel pacchetto di adesioni Savino-Blasoni entrano Bruno Marini e Elio De Anna, i due consiglieri regionali che già in estate avevano abbondonato il Pdl per iscriversi al Misto, il capogruppo e il vice azzurri in Comune a Trieste, Everest Bertoli e Maurizio Bucci, e pure Manuela Declich, “mariniana”, promossa d’imperio da Savino, pur non risultando il ruolo di vicecapogruppo del Pdl comunicato in sede consiliare. Nel megalistone triestino spuntano anche Piero Tononi, con Savino che ripesca i libri di storia e cita una sua presenza «nel vecchio consiglio nazionale di An», e Marco Gombacci, coordinatore dei giovani della città da pochi giorni ma “improvvisamente” commissario regionale giovanile al posto di Matteo Rizzato. Il motivo del siluramento? Gombacci vive e lavora a Bruxelles ma Rizzato, alfaniano, è stato accusato di dedicare poco tempo al partito.

Le firme extra-statuto sono soprattutto triestine, anche se nell’elenco entrano anche altri due forzisti di Gorizia, Giuseppe Nicoli, e di Pordenone, Antonio Cesare Marinelli), ma la questione è per nulla territoriale e molto politica. Con la mano di Giulio Camber ancora una volta ben visibile. Con Savino che difende il percorso: «In provincia ho dato seguito a una circolare di Verdini». Marini che si stupisce dello stupore: «Come pensare di lasciare fuori chi, a Fi, ha creduto prima degli altri?». E Blasoni che minimizza: «Se le firme sono sovrabbondanti, emergerà prima del consiglio. Con o senza i doppi capigruppo, siamo la regione più lealista d’Italia».

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