Provincia condannata per mobbing: dipendente da risarcire con 30mila euro

Professionista obbligato a pulire masserizie in un vecchio ufficio
di Caludio Erné
L’Amministrazione provinciale è stata condannata per mobbing e dovrà risarcire un proprio dipendente con 30 mila euro. Lo ha deciso il giudice del lavoro Annalisa Multari che ha accolto il ricorso presentato da Sergio Fabris, un architetto dell’Ufficio progettazione e direzione lavori edilizi. I suoi legali, gli avvocati Alessandra Marin e Fabio Petracci, avevano coinvolto nella richiesta di risarcimento anche il dirigente della Provincia che a loro giudizio era stato all’origine degli episodi di mobbing. Ma il giudice ha respinto «per difetto di legittimazione passiva» la domanda che voleva coinvolgere Luciano Daveri.


In altri termini, secondo la legge, la richiesta di risarcimento per i danni subiti in base alle più recenti norme può coinvolgere solo il datore di lavoro, non i suoi dirigenti. Il giudice nella sentenza lo scrive a chiare lettere ma sottolinea anche la possibilità che la Provincia chieda al suo ex dirigente, da qualche tempo in pensione, di restituire i trentamila euro assieme al valore delle spese legali sostenute per la causa di lavoro.


La responsabilità diretta della Provincia - all’epoca amministrata dalla giunta di centrodestra presieduta da Fabio Scoccimarro - è stata riconosciuta nella sentenza. «L’ente non ha adottato alcuna soluzione, né ha provveduto a tutelare il lavoratore, trasferendolo ad altro ufficio, atteso che anche la mobilità è stata acconsentita soltanto dopo che l’architetto Fabris si era assentato dal lavoro per malattia». Secondo il Codice civile e secondo i Contratti di lavoro, esiste un obbligo preciso del datore di lavoro di tutelare l’integrità psico-fisica del dipendente. L’architetto era stato invece vittima di «comportamenti continuativi di denigrazione della professionalità, e della persona, di esercizio smodato del potere di controllo, di discriminazione rispetto al altri lavoratori dotati di analoga professionalità».


Gli erano state inviate anche quattro lettere di richiamo nello stesso giorno, senza peraltro dare avvio a un regolare procedimento disciplinare in cui avrebbe potuto difendersi adeguatamente; gli erano stati attribuiti compiti non di sua competenza come ad esempio la pulizia di masserizie che da anni erano accatastate senza alcun controllo in un ufficio, gli erano state inviate durante la malattia anche due visite fiscali di controllo nelle 24 ore.


Va aggiunto che gli atti che aveva redatto gli venivano spesso restituiti proprio da Luciano Daveri. Non mancavano episodi di maleducazione, scortesia, inurbanità, congiunti ad espressioni che il giudice definisce nella sentenza «epiteti offensivi».
Argomenti:mobbing

Riproduzione riservata © Il Piccolo