Province addio, nasce la nuova “Carta” del Fvg
TRIESTE. La Camera approva le modifiche allo statuto Fvg, l'ultimo passo della doppia lettura prevista per le leggi di rango costituzionale. A Montecitorio, prima dell'ora di cena, si contano 339 voti a favore (ne sarebbero bastati 316), 107 astensioni (dei grillini e di Sel), 61 contrari del centrodestra. Tutto secondo copione se non per lo scontro tra la presidente dell'aula Laura Boldrini e il capogruppo della Lega Nord Massimiliano Fedriga. Dopo un iter lungo 900 giorni, dall'approvazione del Consiglio regionale, il 30 gennaio 2014, al voto di ieri, il Fvg inserisce nella sua Carta l'abrogazione delle Province, la previsione della città metropolitana, l'abbassamento da 25 a 18 anni del limite di età per l'elezione a consigliere regionale e la diminuzione da 15 a 5mila delle firme per le iniziative legislative popolari.
L'addio agli enti di area vasta era un obiettivo dichiarato di Debora Serracchiani che non nasconde soddisfazione: «Il Fvg è la prima Regione ad avere completamento cancellato le Province dal suo ordinamento, ne possiamo andare fieri tutti». Secondo la presidente, è stata una dimostrazione di «uso efficace» dell'autonomia e di una risposta, quella della semplificazione del sistema degli enti locali, con conseguente «aumento dell'efficienza dei servizi, risparmio e modernizzazione istituzionale», che «va incontro a un largo e profondo sentire della popolazione». Una riforma «importante», un risultato «storico», dice anche Ettore Rosato rilevando il «rispetto mostrato dal Parlamento delle volontà del Consiglio Fvg». Il capogruppo del Pd non fa mancare una stoccata contro le «resistenze assurde di Lega e Fi». Non a caso i toni più alti si sono registrati quando Fedriga, rivolto a Serracchiani, ha parlato di «serva sciocca di Renzi», anticamera di un duro botta e risposta con la presidente Boldrini. «La mia è stata un'affermazione politica», ripete il capogruppo leghista.
«La Camera - insiste - ha accettato supinamente gli indirizzi del governo e della vicesegretaria del Pd, calpestando le autonomie e privando i cittadini della possibilità di scegliere da chi essere amministrati. Il tutto per permettere a Serracchiani di portare al tavolo del premier lo scalpo del nostro territorio». All'attacco anche la segretaria regionale di Fi Sandra Savino: «Se in autunno, come spero, i cittadini bocceranno la riforma costituzionale di Renzi e Boschi, ci troveremo nella paradossale situazione di avere le Province previste dalla Costituzione italiana, ma eliminate dallo Statuto Fvg».
Un nodo denunciato anche dal presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini che accende intanto il confronto territoriale: «Trieste trova una nuova istituzione, la città metropolitana, il Friuli non ha più un ente che lo rappresenta. Il confronto diventa impari». Nella raffica di reazioni si inseriscono in tanti. «Questo voto - dichiara il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop - riconosce la nostra piena competenza in materia ed è anche una indicazione politica nei confronti di quanti sostengono che ci sia una sorta di accondiscendenza verso lo Stato centrale». «Cambio radicale e necessario», aggiunge l'assessore Paolo Panontin. Esultano anche la segretaria regionale del Pd Antonella Grim, il presidente del partito Salvatore Spitaleri e il capogruppo del Pd Diego Moretti, critico nei confronti del centrodestra accusato di «autonomismo a corrente alternata» e di atteggiamento e linguaggio «deprecabili». Gian Luigi Gigli (Democrazia Solidale-Centro Democratico), pur approvando la procedura, individua invece una «contraddizione» nei contenuti: il riferimento è all'obbligo delle aggregazioni comunali. «Questa riforma - sono poi le parole della deputata di Sel Serena Pellegrino - costituisce un pessimo precedente. C'è il rischio che altre regioni seguano il cattivo esempio centralista del Fvg».
Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, promuove al contrario l'attenzione del Parlamento verso il Consiglio regionale, ma osserva che le Province «rientrano dalla finestra con la dannosa riforma delle Uti». Da Aris Prodani (Alternativa libera) arriva però una provocazione: «Logica vorrebbe che il sindaco, da sempre favorevole alla città metropolitana, dopo aver fatto uscire Trieste dalla Uti, con il sicuro favore dei Comuni minori presenti la richiesta di costituzione del nuovo ente alla Regione». Una provazione che lancia anche il senatore dem Francesco Russo: «Il sindaco Dipiazza si ricordi di aver firmato insieme ad altri 5.000 cittadini la richiesta per Trieste città metropolitana e sia conseguente. Se la Uti giuliana non ha avuto successo tocca anche a lui mobilitarsi per trovare un accordo con altri sindaci per immaginare un modello istituzionale più snello capace di intercettare i fondi che l'Europa destina a queste realtà. E poi abbia il coraggio di presentarsi in Regione chiedendo ciò che Trieste sta aspettando e che può rappresentare un momento di rilancio per tutto il Friuli Venezia Giulia». Trieste metropolitana, appunto.
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