Prove di disgelo fra Bandelli e Tondo
Nel marzo del 2014 la pace era stata sancita con Roberto Dipiazza dopo anni di frecciate reciproche non proprio all’insegna della cordialità. I tempi sono ora maturi per un’altra ricomposizione con protagonista nuovamente il leader e capogruppo in Consiglio comunale di Un’Altra Trieste, Franco Bandelli, ex assessore comunale (proprio nel secondo mandato di Dipiazza sino al fragoroso divorzio): l’interlocutore, stavolta, è l’ex presidente della Regione, Renzo Tondo. I due sono stati avvistati di recente a Grignano, al Principe di Metternich, comodamente seduti a un tavolino a gustarsi un gelato. Ma come? Proprio loro due a dialogare amabilmente? E i polemici botta e risposta del passato? Si ricorderà, ad esempio, l’uscita pubblica di Bandelli sulle “incompiute” della giunta Tondo nella campagna elettorale delle regionali 2013, quelle del trionfo di Debora Serracchiani. Sono trascorsi due anni abbondanti ed evidentemente seppellire l’ascia di guerra adesso è possibile. Peraltro già nell’ottobre 2011, a poco meno di un anno e mezzo di distanza dalla revoca delle deleghe in giunta ad Alessia Rosolen, compagna di vita di Bandelli, Tondo aveva tentato di ricucire lo strappo. Poi, però, in seno a Un’Altra Regione era stata scelta una strada autonoma per tentare la scalata delle regionali. E via con ulteriori schermaglie. Sino al faccia a faccia di Grignano.
«Sì, ho incontrato Bandelli - spiega Tondo -, come ho fatto con altre persone, per tentare di ricostruire il centrodestra davanti a una sinistra arrogante e inconcludente. Dobbiamo lasciarci alle spalle divisioni e rancori, che sarebbe ingeneroso dire non ci sono stati. Sediamoci attorno a un tavolo per essere alternativi al duopolio Renzi-Serracchiani». Politicamente si guarda ai prossimi appuntamenti elettorali. Incluso, quello delle amministrative 2016 a Trieste. «È evidente - conferma l’ex governatore e oggi consigliere regionale -. Già a Cividale il centrodestra si è riunito a sostegno della candidatura di Stefano Balloch. Il modello è quello. Mettiamo da parte le divisioni e le tensioni personali, e per Trieste su Dipiazza candidato sindaco facciamo un ragionamento».
Dal canto suo, Franco Bandelli, rivendica la propria costante apertura al confronto: «Ho sempre detto che sono disponibile a parlare con chiunque dimostri buona volontà e con le persone che forse hanno capito che tutti abbiamo commesso degli errori. Qualcuno ancora non l’ha compreso, però c’è una fascia di elettorato che si sente tradita non tanto dagli uomini più rappresentativi ma dai partiti. Soprattutto - sottolinea riferendosi al Pdl prima e all’attuale Forza Italia - da dirigenze scellerate che hanno distrutto il centrodestra. Gli elettori riconoscono chi ha amministrato precedentemente dimostrando di fare il bene comune ed essere in grado farlo». Guardando proprio alle elezioni comunali triestine del 2016, aggiunge Bandelli, «se parliamo di massimi sistemi ideologici significa non aver capito nulla. Un sindaco deve saper fare l’ordinaria e la straordinaria manutenzione per il 90%, pensando poi al futuro della città. Ho detto a Tondo che esistono tante persone di buona volontà pronte a lavorare per un progetto di novità. I vecchi partiti non sono più credibili: qui bisogna costruire, non ricostruire. Serve tempo». Nessuna apertura, però, verso l’universo forzista: il grande nemico di Un’Altra Trieste abita sempre lì. La collaborazione si può coltivare «ma non con tutti - chiarisce Bandelli -. Non con tutti - ripete -. I responsabili di quanto accaduto negli anni esistono, non sono io che metto veti ma il cittadino, la gente ce li metterebbe. Alla faccia di chi diceva che il progetto Uats disuniva, siamo noi gli unici che in questo periodo, da sei mesi ormai, stanno lavorando: penso a Rosolen, ad Antonione, al collega Paolo Rovis, a De Gioia, a Ferrara. Non vado a discutere con chi apre a movimenti pro-Tlt, né con chi contesta il rilancio di Porto vecchio o con chi secondo me ha finito la sua carriera politica». I riferimenti sono, nell’ordine, a Lega Nord, Forza Italia e Giulio Camber. Sul quale, Bandelli esplicita infine: «Non ci spiegherà sempre Giulio Camber chi ha la verità politica in tasca o la bontà del nostro progetto».
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