Prosecco, Shangai, Londra: un lungo filo colorato lega la dinastia creativa dei Cibic

TRIESTE Affettuosa, supercreativa: da Prosecco nel mondo. Perché il capostipite dei Cibic, Valentin, viene dal Carso, sopra Trieste. E mentre Jasmina è un’artista, che vive a Londra ed ha appena aperto una mostra a Lubiana (lo raccontiamo qui a fianco), il super-celebre Aldo e Matteo, rispettivamente zio e cugino, entrambi designer, vivono a Vicenza. Di solito tutti si ritrovano per una riunione di famiglia in autunno, in Carso, e arrivano da ogni angolo del mondo. «Sono le mitiche “cibiciade”, le abbiamo chiamate così», dice Matteo. «Quest’anno, ahimé, in tempi Covid, abbiamo rinunciato. Ma la festa è solo rimandata».
Jasmina racconta: «Di solito le organizziamo ogni tre anni, e siamo sempre più di 200. Amavo soprattutto i dolci preparati in grandi quantità dalle zie, tra cui uno strudel a forma di serpente, forse il presnitz. Lo nascondevano nei cespugli con questo slogan: “Bu prej umrla ta zverina ku Čibčeva družina”, ovvero “questa bestiola morirà prima della famiglia Cibic”… A noi bambini divertiva molto. Ma ho tanti ricordi della mia famiglia sparsa nei paesini del Carso. I giorni della vendemmia, a Contovello. La grande festa per San Martino. E la “spedizione” da Smolars in città a comprare quaderni per la scuola: adoravo! Ancora adesso, se avessi una macchina del tempo, mi piacerebbe tornare a quando avevo ancora tutti i nonni, e stavamo insieme».
E gli altri Cibic? Non c’è bisogno di presentazioni per Aldo, uno dei nomi più allegri, ludici e colorati della storia del design italiano: basta pensare alla sua sedia Antalya ricoperta di mosaico di vetro blu per Bisazza. Una lunga carriera. Con Sottsass è stato tra i fondatori, nel 1980, del mitico gruppo Memphis. Poi è andato avanti da solo; ha disegnato interni di alberghi e oggetti, lampade per Foscarini (Cocò e Lampoon) e per Artemide (Klik), una collezione di vetri per Venini… E infine è passato a riflettere sul verde, e sul mondo del futuro.
«Forse non ci abbiamo riflettuto tutti, durante il lockdown? Il bisogno di verde, l’ansia per la chiusura dentro piccoli spazi, la densità delle città: l’angoscia per l’affollamento ce la porteremo dentro ancora per un po’», riflette. «Ripetiamo da anni che entro il 2050 il 75% della popolazione mondiale vivrà nelle megalopoli: forse è il caso di ripensare questo paradigma. E progettare comunità diverse. E sì, lo dico proprio io, che fino all’inizio della pandemia vivevo tra Shanghai e Milano, passando per Vicenza. Ora, casomai, penso all’altopiano di Asiago: ossigeno e biodiversità incredibile, a soli cinquanta minuti dal centro di Vicenza e da un treno veloce».
Addio Shanghai, benvenuta Asiago? Ride: «In Cina tornerò prestissimo, ovviamente, anche perché insegno alla Tongji University, e insieme al preside, Lou Yongqi, stiamo lavorando a un progetto in cui credo molto. Si chiama Design Harvest 2.0, ed è una “community of purpose” a 45 minuti dal centro di Shanghai. Agricoltura del futuro, con idee inedite in Italia, come le app che permettono di ordinare direttamente al produttore l’ortaggio del giorno; e poi luogo di sperimentazione di nuove tecnologie, materiali ed energia sostenibile. Un manifesto di economia circolare». Sono temi su cui Aldo Cibic sta riflettendo da tempo, tanto che ha presentato alla Biennale di architettura di Venezia del 2010 il suo “Rethinking Happiness”. Ripensare la felicità. Un titolo che è una speranza.
E Matteo? L’abbiamo conosciuto a Vicenza, ammirato i suoi geniali tappeti, fatti di intarsi di tessuto e metallo per Moret; oppure in tessuto, lavorati a mano, per Jaipur Rugs (ispirati anche a un suo viaggio a Jaipur, in India). Matteo tra l’altro ha lavorato durante il lockdown, progettando una collezione chiamata ironicamente ma non troppo Cov: divisori Covid. «Li ho chiamati “social tools”, strumenti di socializzazione», spiega. «Un paradosso, ma in realtà è la prima volta che un muro serve a socializzare: in genere si creano barriere proprio per impedirlo».
In plexiglas e alluminio, quasi dei ventagli orientali, i Cov sono stati prodotti in velocità da un’azienda di Bassano del Grappa, FusinaLab. Aggiunge Matteo: «Durante il lockdown abbiamo tutti imparato a lavorare da casa. E la necessità di un angolo di “home office”, almeno un pannello per isolarsi e per avere un po’ di scenografia per le video-call, rimarrà, credo, nella nostra vita lavorativa. Per questo per FusinaLab ho progettato anche dei separé fonoassorbenti».
Creare in emergenza, ma creare il bello. Il design ci salverà? «Diciamo che mi sembra molto interessante, ora, non solo progettare, ma ripensare alla filiera. Nel design, e nella moda, in Italia, è importante concentrarsi su una filiera sempre più corta, e su una distribuzione più diretta. Penso che ci sarà una grande ricchezza di idee, ma “virtuali”: che poi verranno anche prodotte “bespoke”, su richiesta, come questi miei pannelli. Lotti minori, ma super-targettizzati, pensati su misura per il committente. Interessante, anche dal punto di vista della sostenibilità».
Zio e nipote. Ma anche la moglie di Aldo, l’americana Cynthia Rising, ha avuto un’idea colorata e creativa. E l’ha chiamata Nothing New. Recupera dei lini vintage, spesso con cifre ricamate, sui mercatini italiani o in Francia; li fa tingere e li trasforma in copriletti, tovaglie o tovagliette all’americana, strofinacci per la cucina, borse, cuscini. All’insegna del riciclo e della bellezza.
Colori, leggerezza, voglia di giocare… È questo il leitmotiv dei Cibic. Basta guardare gli animaletti in bianco e oro della Paradiso Dreams disegnata da Matteo, che sono in mostra, fino a gennaio, in un posto speciale: due vetrine al pianterreno della Basilica Palladiana.
Non solo: dentro la basilica-capolavoro, che ospita il Museo del Gioiello, si è appena aperta una mostra dove zio e nipote sono insieme. Si intitola “Designed in Vicenza”. Espongono otto creativi legati alla città, e c’è anche Aldo con due anelli, Spirale e Infinito; mentre di Matteo vedrete un VasoNaso e la collana Borlotto. Insomma, un’occasione per un’altra gita “di prossimità” a Vicenza, oltre a Lubiana. Per giocare con la famiglia Cibic, che crea divertendosi. —
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