Proposto un lavoro a Padova ai lavoratori dell’Acquamarina di Trieste
TRIESTE A poco più di un mese dal crollo della piscina Acquamarina, per i 10 dipendenti con contratto a tempo indeterminato della “2001 srl Società sportiva dilettantistica” con sede a Padova, che aveva in affidamento la gestione di quell’impianto, c’è una situazione di totale incertezza. Il posto di lavoro, materialmente, non c’è più, ma sono ancora in forza alla srl veneta. Attualmente, sono stati messi in ferie.
La società patavina, una decina di giorni fa, ha inviato loro una raccomandata dove, ripercorrendo quanto accaduto e evidenziando l’inagibilità della struttura di Molo Fratelli Bandiera posta ora sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, invita i singoli lavoratori a «prolungare il periodo di ferie – si legge nella comunicazione – fino al 31 agosto. Al rientro dalle ferie, e pertanto a partire dal 1° settembre 2019, e stante la chiusura dello stabilimento presso cui lei è adibito, la invitiamo a compiere la sua prestazione lavorativa presso la diversa sede aziendale sita a Padova. Le mansioni da svolgere sarebbero le medesime fino ad oggi da lei ricoperte».
Di fatto, da domani, quei lavoratori tra i quali si contano assistenti ai bagnanti, addetti alla reception e manutentori, dovrebbero spingersi ogni giorno fino a Padova, o trovarsi lì una soluzione abitativa che consenta loro di presentarsi quotidianamente sul posto il lavoro.
Non trattandosi di posizioni dirigenziali, non si parla di stipendi che consentirebbero anche una simile soluzione. Di conseguenza la Fisascat Cisl, alla quale alcuni dipendenti si sono rivolti, ha proposto allo studio legale della “2001 srl Società sportivo dilettantistica” che sta gestendo la posizione dei lavoratori, «di congelare il trasferimento di quei dieci dipendenti – spiega il sindacalista della Cisl, Andrea Blau – in attesa della ricerca di una soluzione occupazionale a Trieste. Ho già chiesto all’assessore Carlo Grilli di supportarci in questo frangente, riscontrando disponibilità».
L’assessore ai Servizi sociali, dal canto suo, rimarca come le conseguenze generate dal crollo del tetto della piscina terapeutica «comportino due situazioni di fragilità: quella degli utenti e quella dei dipendenti. Su quest’ultima – precisa – poco possiamo incidere in quanto ente pubblico». Grilli assicura ci sia «un costante contatto con le associazioni che usufruivano e operavano all’interno di Acquamarina, per tentare di trovare soluzioni che soddisfino l’utenza. Certamente – valuta – tenere alta l’attenzione sulla questione, potrebbe aiutare a trovare degli sbocchi anche per quanti lavoravano in quell’impianto».
Gli stipendi dei 10 dipendenti, a seconda del tipo di prestazione, di orario e di contatto (alcuni sono in part-time), oscillano da 500 a 1. 500 euro. Alcuni però godevano anche di altre forme di collaborazione che consentivano loro di arrotondare la paga mensile. «Nel caso non si trovi una soluzione – spiega Blau – proponiamo una procedura di licenziamento collettivo, che consenta poi a questi lavoratori di accedere al sussidio di disoccupazione e, nel caso, di trovare una nuova occupazione. Attualmente – indica – se trovassero un lavoro, dovrebbero dimettersi dalla srl di Padova visto che risultano in forza a quella società». –
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