Proposta di legge anti-burqa in Austria

BELGRADO. «Grüss Gott, dico a lei, col burqa, è in contravvenzione». Potrebbe in futuro suonare così, in Austria, la conversazione tra un poliziotto e una donna di fede musulmana, rea di passeggiare davanti a tutti con addosso la veste che copre l’intero corpo e che lascia intravedere, attraverso una griglia, solo gli occhi.
Scenario non irrealistico, sempre che il Parlamento austriaco accolga una proposta di legge che sarà a breve presentata da Gernot Darmann e Carmen Gartelgruber, due esponenti della Fpö, il Partito della Libertà che fu di Haider. Partito che ha annunciato che sosterrà di nuovo quel «Burqa-verbot» già vagheggiato a Vienna nel 2010, ora secondo l’Fpö pienamente giustificato da una storica e controversa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che, il primo luglio scorso, ha confermato a maggioranza la legittimità di una legge francese, entrata in vigore nel 2011, che vieta l’utilizzo in pubblico di indumenti che coprano totalmente il viso, mascherandolo. Norma che, di riflesso, “scopre” per legge le donne musulmane che, per ragioni religiose o per pressioni familiari e sociali, si nascondono sotto il burqa o scelgono il più comune niqab, più “liberale” perché lascia in genere visibili almeno gli occhi. Un provvedimento che, non violando i diritti civili, potrebbe ora essere copiato in Austria, autorizzando lo Stato a far cambiare rotta a suon di multe – e magari con il carcere per i recidivi - ai fedeli più radicali di un Islam che considera le donne individui di «seconda classe», si legge in un comunicato dell’Fpö. Fpö che ha anche ricordato che «non esiste alcun obbligo» nella legge islamica che imponga alle donne «di portare una veste che copre completamente il corpo». E perciò l’eventuale «divieto non rappresenta una violazione della libertà di religione» in Austria. Sentenza di Strasburgo e caso francese che rischiano di provocare un’ondata di divieti in tutta Europa. Non sono solo i liberali di Vienna a essere pronti a cogliere l’attimo, ma anche il Dansk Folkeparti, a Copenhagen, e i maggiori partiti norvegesi. In Austria, tuttavia, le discussioni sono assai accese e le critiche non mancano. I rappresentanti delle comunità islamiche hanno parlato di misura «controproducente».
Il ministro Gabriele Heinisch-Hosek (Spö) ha da parte sua fatto sapere di non vedere una ragione per imporre il divieto contro il burqa, certamente «un simbolo di sottomissione», in un Paese, l’Austria, dove tuttavia non ci sarebbero casi reali di donne “nascoste”. Die Presse ha invece stimato in 100-300 quelle che potrebbero essere interessate dalla proibizione. Favorevole, ma poi la posizione è stata corretta dalla leadership del partito, il deputato verde Efgani Dönmez, che ha paventato l’estromissione degli islamici più radicali dal generoso welfare d’oltralpe.
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