«Pronti a trattare l’uscita da Porto vecchio, non un semplice baratto»
«Siamo sempre pronti e disposti a trattare. Attendiamo soltanto che l’Autorità portuale ci convochi». Enrico Maltauro, amministratore delegato di Portocittà, manda segnali distensivi all’indomani del pronunciamento del Comitato portuale che ha dato mandato alla presidente dell’Authority Marina Monassi di formulare una proposta di transazione per rescindere la concessione in Porto Vecchio. Mette però anche subito un paletto, tanto per lasciar capire che la strada non è ancora tutta in discesa: «Non si tratta di fare un semplice baratto tra quanto abbiamo già progettato e speso e le penali che dovremmo pagare; noi le penali le intendiamo in un altro modo, la questione è più complessa. Ma comunque auspico e spero che si arrivi a una soluzione».
Maltauro afferma anche che Portocittà non ha una propria controproposta in quanto attendeva e attende ancora la proposta dell’Authority. In realtà contatti recenti tra i rispettivi legali vi sono stati tanto che la delibera dell’Autorità portuale fa riferimento anche alla «nota del 2 settembre 2013 inviata dal difensore di controparte all’Avvocatura distrettuale dello Stato con la quale lo stesso ha illustrato diverse argomentazioni in ordine allo scioglimento consensuale del rapporto e ha puntualizzato le conseguenze derivanti dal mancato raggiungimento dell’eventuale accordo». La prima conseguenza sarebbe l’appello del concessionario dinanzi al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che sostanzialmente cristallizzerebbe per altri anni ancora il Porto Vecchio nell’attuale fatiscente oltre che inoperosa situazione. «È evidente che se si arriverà a una transazione - specifica ancora l’amministratore delegato di Portocittà - questa includerà anche la nostra rinuncia a ricorrere al successivo grado della giustizia amministrativa». E l’Authority dal proprio versante ritiene necessario giungere a una soluzione consensuale sia appunto perché «in assenza di una definizione transattiva la sentenza del Tar potrebbe essere oggetto di impugnazione al Consiglio di Stato», ma anche perché «alla luce delle motivazioni della sentenza del Tar, Portocittà potrebbe promuovere ulteriori e diverse iniziative innanzi ai competenti organi istituzionali».
La delibera approvata dal Comitato fa capire quali elementi potranno essere posti sui piatti della bilancia dal momento che si afferma che «Portocittà è debitrice all’Autorità portuale per canoni demaniali e per attività commerciali non ancora corrisposti nonché interessi di mora», ma anche che «è interesse dell’Autorità portuale acquisire diversi elaborati progettuali da Portocittà in quanto dette attività, già espletate dovrebbero essere nuovamente esperite con i conseguenti costi in termini di tempo e denaro». Pertanto si deduce che «alla luce dell’interesse dell’Autorità portuale all’acquisizione dei progetti e delle opere di cui sopra le parti verrebbero a trovarsi in un rapporto reciproco di debito-credito». Sarà da vedere se le parti riusciranno a incontrarsi in breve a metà strada. In un’intervista al Piccolo del marzo scorso Maltauro aveva affermato: «Comunque ci perdiamo. Abbiamo speso circa 10 milioni più l’investimento immateriale di lavoro». E il presidente di Portocittà, Antonio Rigon aveva aggiunto: «Chiuderemo con perdite. Speriamo almeno di veder valorizzato ciò che lasciamo. Siamo stati messi in un “cul de sac”, speriamo di recuperare almeno i canoni di concessione pagati». Il canone iniziale era stato fissato in 317mila euro. Poi è arrivata la sentenza del Tar che ha affermato che il Punto Franco non è elemento totalmente ostativo a mettere in atto quanto previsto dalla concessione.
«Non sono a conoscenza di deadline del 15 ottobre - conclude Maltauro - se arriveremo a un accordo il 20 credo che sarà lo stesso. Quanto a sgomberare le aree entro il 31 ottobre, se sarà stata trovata la soluzione non avremo problemi a farlo perché non abbiamo alcun interesse a tenerle occupate».
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