Prof gay toglie il crocifisso dall’aula: «Chiesa omofoba»

Il gesto di Davide Zotti al liceo Carducci: «Non posso più lavorare in un luogo segnato dal simbolo di una realtà che continua a calpestare la mia dignità»
Di Piero Rauber

Un gesto «meditato», che ovviamente «avrà delle conseguenze». Quelle che Davide Zotti, docente di filosofia e antropologia al liceo Carducci nonché responsabile nazionale scuola di Arcigay, ha inteso sollecitare. Perché il suo è stato un atto politico.

Ieri mattina, prima dell’inizio dell’ora di insegnamento in una terza classe, nella sede di via Corsi, Zotti ha staccato dal muro il crocifisso, quello che per disposizioni normative deve stare al suo posto. E ha dedicato l’ultima parte della sua lezione a spiegarne le motivazioni ai ragazzi. Stamattina il docente intende fare altrettanto in un’altra classe.

La motivazione? «Per l'ennesima volta - dice Zotti, responsabile scuola di Arcigay - un importante esponente della gerarchia cattolica ha ribadito le posizioni omofobiche della Chiesa, affermando che l'omosessualità non è conforme alla realtà dell'essere umano». E dunque «come docente e omosessuale non posso più accettare di svolgere il mio lavoro in un luogo, l'aula, segnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica, che continua a calpestare la mia dignità di persona omosessuale».

L’«importante esponente della gerarchia cattolica» - spiega il docente - è il cardinale Camillo Ruini, ex presidente della Cei, che in una intervista al Corriere della sera, richiesto di un commento sulle parole del cardinale Scola relative a una Chiesa in ritardo sull’omosessualità, ha dato una risposta netta: «La questione del ritardo o dell’anticipo dipende dalla direzione di marcia in cui si va. Quando da giovane sacerdote venivano a parlarmi e talora a confessarsi vari omosessuali, dicevano di trovare nella Chiesa un ambiente rispettoso e comprensivo. Di alcuni divenni amico. Adesso la Chiesa è considerata in ritardo perché continua a ritenere l’omosessualità non conforme alla realtà del nostro essere, che è articolata in due sessi dal punto di vista organico, psicologico e più in geenrale antropologico».

Ecco, dunque. «Niente di nuovo sotto il sole», commenta amaro Zotti, «ma sono ormai arrivato a una condizione di fatica psicologico e morale». Da qui quel gesto, che il docente ieri ha poi voluto spiegare e commentare con i ragazzi della sua classe. La loro reazione? Secondo Zotti «positiva: ne abbiamo discusso, c’è stato appoggio». Proteste, polemiche? «Al momento non mi risulta». Ma Zotti, giusta appunto la normativa che disponde il crocifisso in aula, attende: «Certo, ci saranno conseguenze sul mio lavoro, una diffida o una sanzione probabilmente scatteranno». Comunque, se ne parlerà. Proprio come Zotti, con il suo atto di «disobbedienza civile», ha inteso si faccia. Con il pieno appoggio di Arcigay, già arrivato dal presidente nazionale Flavio Romani., presidente di Arcigay, «perché si fa carico di sottolineare una discriminazione che è allarmante nel nostro Paese, coinvolge un ambito come la scuola in cui le istituzioni dovrebbero rivolgere la massima attenzione».

È questa la prima volta che un insegnante compie un gesto simile per sollevare la questione omosessuale. Clamoroso fu un altro caso, quello che nel 2009 vide Franco Coppoli, a Terni, staccare ripetutamente dal muro il crocifisso durante le sue lezioni invocando «la libertà di insegnamento, la libertà religiosa e la laicità dello Stato e della scuola pubblica previste dagli articoli costituzionali». L’Ufficio scolastico regionale dell’Umbria gli notificò infine il provvedimento disciplinare: sospensione dal servizio per trenta giorni. (p.b.)

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