Prodi: «La Russia ha bisogno dell’Europa Basta aver paura»

L’ex premier, reduce dal colloquio con Putin, sferza la Ue «Il caso Ucraina? Un confronto forte ma non ancora chiuso». E sul summit di Trieste: "L'incontro di piazza Unità dimostra quanto saldi siano i rapporti di Roma con Mosca"
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TRIESTE. Vladimir Putin punta alla Grande Russia? L’Europa non si deve preoccupare. Anzi, «deve rendersi conto che la sua è una forza ancora da numero uno» e smetterla «di spaventarsi per tutto». Il giorno dopo il vertice di Trieste, Romano Prodi interpreta pensieri e politiche del presidente russo, con il quale l’ex premier italiano si è rivisto per un’ampia panoramica, con tanto di promessa di collaborazione in vista del prossimo G8 a Soci. Il Professore dà merito a Putin di aver fatto riconquistare alla Russia il ruolo internazionale perso dopo la fine dell’Urss ma non minimizza la questione ucraina, braccio di ferro irrisolto con l’Europa: «Kiev può essere un ponte su cui far correre i futuri rapporti tra le parti. La Russia non può pensare di diventare interamente moderna senza legami con l’Ue».

Per una volta condivide qualcosa con Berlusconi: amicizia e stima, ricambiate, con Putin.

Attraverso l’ambasciata russa, Putin ha trasmesso il desiderio di vedermi. È stato un incontro produttivo. A partire dall’Africa, il centro del mio attuale incarico di consulente delle Nazioni Unite.

La stampa russa ha sottolineato il fatto che il presidente avrebbe “assunto” un ex premier italiano per il G8. Com’è andata?

Putin mi ha comunicato una sua idea: mettere al primo posto dell’agenda il tema delle grandi immigrazioni mondiali. Centinaia di milioni di persone si spostano ogni anno, pure da un continente all’altro.

In che forma collaborerà?

Darò intanto una mano nella stesura del documento preparatorio. Visti i contenuti, mi è sembrato doveroso contribuire.

Il resto del colloquio?

Si sono confermate grandi intese, ma anche differenze significative. A partire dalla questione Ucraina.

Quell’Ucraina corteggiata da Russia e Europa.

La pensiamo in maniera totalmente diversa da Putin. Ho raccomandato però nuovamente la necessità che quel paese non sia più un elemento di conflitto, ma un ponte tra Europa e Russia. È un confronto forte, ma sereno. Nessuna chiusura definitiva.

Come trovare un’intesa?

Resto convinto che la complementarietà tra le due parti sia profonda e che, se noi abbiamo bisogno delle risorse energetiche russe, anche la Russia, forse ancor di più, ha bisogno dell’Europa.

Che messaggio ha dato a Putin?

Se vuole modernizzare la Russia, il rapporto con l’Ue è indispensabile. Il nostro livello di produttività e efficienza è ben diverso, un grande paese non può dipendere solo dal prezzo del petrolio.

Quindi farà bene l’Ue a insistere perché l’Ucraina firmi il trattato di associazione e non assecondi l’unione doganale già avviata con Bielorussia e Kazakistan, che pare la preparazione di una nuova Urss?

Si deve certamente insistere con l’Ucraina, impostando peraltro un piano di lungo periodo che riguardi anche la modernizzazione della Russia e che contenga i danni all’industria russa che sarebbero provocati dall’immediata apertura delle frontiere.

Che valore simbolico attribuisce al vertice di Trieste?

Sotto certi aspetti è stato nel solco della tradizione. Penso all’incontro del 2007 a Bari, la città di San Nicola. Ma la dimensione della giornata di Trieste è stata più ampia, a dimostrazione che i rapporti economici, culturali, politici si sono rafforzati.

Che meriti ha Putin nel ritorno della Russia al centro della diplomazia internazionale?

Negli ultimi tempi, escluso il caso ucraino, ha dimostrato abilità diplomatica ma anche intelligenza politica quando per esempio Obama si era impegnato per un intervento in Siria senza che gli Usa fossero favorevoli a un’altra guerra. Putin ha saputo proporre soluzioni che andavano bene anche agli altri leader.

Altra faccia della medaglia il giro di vite contro oppositori e attivisti. Come lo giudica?

Io sono profondamente legato al concetto dei diritti umani, alla democrazia. La storia russa è però molto più complessa della nostra. Non si può non tenerne conto.

Torniamo alla Grande Russia. Putin ha bloccato la fuga di Georgia e Moldavia, guarda ai Balcani, ha stretto un asse con la Serbia. Dove vuole e può arrivare?

È una politica di potenza regionale che ha dato alla Russia un ruolo totalmente perduto dopo la caduta del muro. Ma la leadership si può costruire solo se vi sarà un cambiamento anche nelle strutture produttive del paese. Un avvicinamento all’Europa si pone come inevitabile.

Quindi non ci si deve spaventare per questo disegno?

Il problema dell’Europa è che si spaventa di tutto. Perché farlo quando siamo ancora i numeri uno nell’economia mondiale, nella produzione industriale, nelle esportazioni? L’unico vero problema è che siamo divisi, per il resto abbiamo grande prospettiva.

Che augurio al premier Letta in vista del semestre europeo?

Di far riprendere forza e unità alla comunità. Non sarà facile in tempi in cui le istituzioni europee sono particolarmente deboli e vanno pure a elezioni.

Ha già chiarito che non voterà alle primarie del Pd. Cosa cambierà dopo l’8 dicembre?

La mia esperienza può essere utile al Pd ma non posso più essere un partecipante e non volevo essere tirato per la giacca. Farmi in disparte è un servizio al partito per facilitare l’emergere di nuovi leader. Si è sottolineata l’opportunità dei cambiamenti. Ho applicato alla lettera, non credo che qualcuno si possa sorprendere.

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