Prodani (M5S): «Dal trionfo al flop Il rischio è finire come Rifondazione»

Il deputato triestino dei 5 Stelle, tra le voci “critiche” del movimento, ammette la sconfitta elettorale: «A Roma ci manca il sostegno di Grillo. Ma ci crediamo ancora»

TRIESTE. Beppe Grillo era un guru, e adesso? «Ci è venuto a mancare il suo sostegno». Vi ha lasciato soli? «Un po’ sì, a volte ci sentiamo persi». Il deputato triestino Aris Prodani, come il collega friulano Walter Rizzetto, passa per una voce critica all’interno del M5s. E, pure stavolta, dopo il flop delle amministrative, non esita a parlare di «Caporetto» e paventare il «rischio di finire come Rifondazione», senza dare colpe agli italiani: «Le motivazioni delle sconfitte vanno cercate in casa».

Dopo di che, sottolinea, «una cosa è il dibattito, un’altra cosa è lasciare il movimento».

Non ve ne andate?

Non c’è nessun automatismo tra voce critica e uscita dal gruppo.

Qual è il clima a Roma?

Guardiamo le cose con maggiore distacco rispetto a come sembra dalle cronache. Ma certo non ci aspettavamo di non fare nemmeno un sindaco nei comuni minori. Riflettiamo quindi sulla strategia. E se è necessario cambiarla.

Dalle politiche alle amministrative due mondi capovolti?

L’8 marzo 2009 è stata lanciata la Carta di Firenze con i 12 punti di un comune a Cinque Stelle. Le comunali, allora, erano il nostro principale obiettivo.

E poi?

Il passaggio alle politiche è stato troppo rapido. La nostra forza avrebbe dovuto essere il radicamento amministrativo. Questo risultato ci fa tornare indietro.

Un flop, ammette?

Sì, abbiamo mancato clamorosamente l’obiettivo indicato quattro anni e mezzo fa. Se pensiamo al risultato in Friuli Venezia Giulia di fine aprile possiamo parlare di impresa rispetto a questa tornata.

Mai prima un movimento aveva perso così tanti consensi in così poco tempo.

Nessun’altra forza è peraltro cresciuta in breve come noi.

Grillo dice che è colpa degli italiani. Concorda?

Meglio guardare in casa nostra, poi si potranno assegnare le responsabilità. Abbiamo fatto della partecipazione della gente nelle scelte che dobbiamo poi prendere a Roma uno dei cardini del perché ci troviamo in Parlamento. Tranne il tema migliorabile delle Quirinarie, l’impegno resta lo stesso: fare da tramite della gente, di cui peraltro facciamo parte.

Che cosa è mancato in questi mesi?

Il portale. Si era stabilito che le proposte votate almeno dal 20% degli iscritti sarebbero state trasformate in mozione o proposta di legge. Manca uno strumento che tutti ritenevano fondamentale. Ci hanno detto che sarà pronto per l’estate, ma era un’iniziativa su cui puntare da subito.

Grillo da guru a delusione?

È stato in questi anni un amplificatore di istanze. Dobbiamo a lui se siamo nei consigli comunali, regionali e in Parlamento, ma ci abbiamo comunque messo del nostro. Stando sul territorio, abbiamo guadagnato credibilità.

A Roma che è successo?

Quando era il momento di tutelarci, forse per un errore di sottovalutazione, è mancato un sostegno dallo staff. La vicenda della diaria è esemplare. Ci siamo limitati a chiedere chiarezza su come interpretare ciò che avevamo firmato, ma le risposte non sono arrivate per un bel po’ di tempo.

Qualcuno ha fatto la cresta?

Non siamo qui per il vil denaro. Tutti la interpretano come una missione. Purtroppo è passato un messaggio sbagliato nei contenuti e nei modi.

Non vi ha aiutato il duo Crimi-Lombardo. Persone sbagliate nel posto sbagliato?

Scelte fatte il primo giorno. Sfido chiunque a non commettere errori trovandosi senza esperienza nella nostra situazione a gestire una pressione altissima. In ogni caso c’è l’alternanza trimestrale dei portavoce, speriamo che i prossimi due rendano tutti più felici.

Sarete costretti ad andare in tv?

Dopo la Caporetto delle amministrative si sono dette tante cose. Ma il 27% delle politiche lo abbiamo raggiunto senza andare in tv, non è detto che adesso si debba cambiare tutto. I comizi di Grillo hanno attirato tante persone, le dirette streaming sono servite eccome. Forse quello che manca è la comunicazione su ciò che cerchiamo di costruire lavorando sodo.

Un altro vostro ideologo, Paolo Becchi, sostiene il contrario: la tv serve.

Io Becchi non so chi sia. Né cosa rappresenta per il movimento. Già abbiamo le nostre da dover spiegare, meglio evitare di dover chiarire le posizioni di non so chi.

E Casaleggio?

Non ho avuto mai nessun tipo di rapporto con lui. Finora le decisioni sono state prese in assemblea senza interferenza di alcuno.

Il candidato Fvg Galluccio è diventato caposegreteria. Uno scivolone?

Anche qui abbiamo peccato in comunicazione. Non si trattava di dare la sedia a qualcuno tagliato fuori, ma di utilizzare una competenza politica acquisita in un grande impegno in campagna elettorale.

Non teme che, dopo l’euforia di febbraio, sarete destinati a fare le comparse?

Il rischio è di fare la fine di una Rifondazione comunista, è vero. Ma è lo stesso che corrono altri partiti, basti pensare al Pdl senza Berlusconi. Abbiamo avuto un picco e una debacle. Si tratta ora di assestarsi. Stiamo lavorando e ci crediamo ancora. Se poi la gente deciderà di astenersi, vorrà dire che il progetto è fallito.

Il governo Letta reggerà?

Viviamo alla settimana. Ma credo che ce la farà, per non meno di un anno e mezzo.

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