Procura di Sarajevo contro le “Iene” tv
ZAGABRIA. «Una montatura». No, «tutto vero». Tra la Procura bosniaca e la redazione delle "Iene" - il programma tv di Italia 1 - si è innescato uno scontro sul servizio "Dove l'Is compra le armi per colpire in Europa" andato in onda domenica scorsa. La Procura di Sarajevo ha arrestato due uomini intervistati dalle “Iene”, i quali avrebbero confessato di essere stati pagati per fingersi trafficanti di armi.
Il 2 ottobre Mediaset ha trasmesso i 19 minuti di reportage girati dall'inviato Luigi Pelazza a Sarajevo e dintorni, sulle tracce di quelle armi che dall'ex Jugoslavia sarebbero arrivate fino in Francia - passando anche per Trieste - per essere poi usate dai terroristi dell’Is nei diversi attentati del 2015. Ma se il legame tra le armi "avanzate" dalle guerre dei Balcani e l'Is è stato confermato almeno parzialmente da più parti (dal direttore della fabbrica bellica serba "Zastava" ad Amnesty International), lo stesso non può dirsi, perlomeno a priori, sull’identità dei "trafficanti di armi" intervistati in tv. Nel loro viaggio bosniaco, registrato con una telecamera nascosta, Pelazza e colleghi dialogano con diversi "contatti locali" presentati come mercanti di armi. Comprano varie armi fingendo di volerle trasportare in Italia: la facilità d'acquisto testimonierebbe della grave situazione in Bosnia-Erzegovina e della mancanza di controlli alle frontiere dell'Ue.
Ma per la procura di Sarajevo quei trafficanti sono attori, pagati per recitare una parte. Come avrebbero appunto ammesso. L'ufficio del procuratore di Stato, inoltre, ha informato che i due intervistati da Pelazza sono «tossicodipendenti che vivono in condizioni di povertà», riporta l'agenzia croata Hina. Immediata la risposta della redazione tv: Pelazza smentisce sia stata finzione, ma lo stesso ideatore delle Iene Davide Parenti risponde a tono. «Abbiamo realizzato un'inchiesta straordinaria, che documenta come le armi rimaste in Bosnia dagli anni '90 siano quelle che hanno sparato a Charlie Hebdo, al Bataclan e in altri luoghi delle stragi collegate all'Is in Europa», precisa aggiungendo: «Il servizio andato in onda è di 20 minuti, ma abbiamo ore e ore di girato e faremo in modo di renderlo pubblico», giacché «non abbiamo nulla da nascondere». I soldi pagati ai presunti testimoni? «Abbiamo dato cento euro a questi manigoldi - spiega Parenti - per essere credibili sulla nosta intenzione di provare il loro kalashnikov e acquistarlo, e ci siamo impegnati a saldare l’arma al momento della consegna».
La procura bosniaca, tuttavia, annuncia anche di avere «informato le competenti autorità italiane per ulteriori procedimenti», poiché secondo Sarajevo le Iene hanno «danneggiato la reputazione internazionale della Bosnia-Erzegovina e il suo impegno nella lotta al terrorismo». Il ministro della sicurezza Dragan Mektic ha dichiarato che «la storia presentata dal giornalista è tendenziosa e volutamente sensazionalistica, dannosa per l'immagine del Paese», anche se - ha ammesso - «è un dato di fatto che in Bosnia esistono armi fuori controllo e che i contrabbandieri le acquistano». (gi.va.)
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